L’Italia annuncia lo slittamento del pareggio di bilancio al 2017, la Francia manda a dire a Bruxelles che sui conti è seria ma ora basta austerity. L’impressione è che all’Unione Europea questi messaggi da un orecchio entrino e dall’altro escano.

La Commissione non commenta direttamente le parole dei ministri di Roma e Parigi Pier Carlo Padoan e Michel Sapin ma al portavoce del commissario agli Affari economici Jirky Katainen (che diventerà poi il vice del nuovo commissario Pierre Moscovici) basta ricordare che “le raccomandazioni della Commissione devono essere rispettate. Valuteremo il progetto di legge di stabilità alla luce degli impegni presi nelle raccomandazioni, la nostra posizione è che gli impegni vanno rispettati”.

Le raccomandazioni a cui si riferisce il portavoce del commissario parlavano di un confine tracciato al 2015 per il pareggio di bilancio. E, oltre all’Italia che prima aveva chiesto un rinvio al 2016 e ora afferma che non ce la farà prima del 2017, la Francia prevede di riuscirci entro il 2019, peraltro con previsioni e indicatori che appaiono più ottimistici di quelli italiani.

Non è tuttavia ancora chiaro quale Commissione giudicherà la legge di stabilità, che deve arrivare a Bruxelles entro il 15 ottobre: potrebbe essere ancora il commissario finlandese Jyrki Katainen, rigoroso interprete delle regole del Patto, oppure il francese Pierre Moscovici, socialista più aperto alla via della flessibilità. Ma anche in questo caso, la strada non è in discesa: Moscovici sarà supervisionato da un altro falco, il lettone Valdis Dombrovskis, che non ha risparmiato alcuno sforzo al suo Paese per traghettarlo nell’euro.

A giugno scorso la Commissione non si era espressa sul primo rinvio del pareggio di bilancio al 2016. Aveva rinviato la decisione a novembre, per capire se l’Italia avrebbe inserito gli sforzi aggiuntivi che le venivano chiesti (10-15 miliardi di euro) nella legge di stabilità 2015. Ma così non sarà, anzi, il pareggio è spostato ancora, al 2017, il debito aumenta e il deficit si porta pericolosamente vicino alla soglia del 3%, che da sempre spaventa la Commissione perché di fatto taglia le gambe ai Paesi azzerando il loro margine di manovra sui conti.

Nelle raccomandazioni scritte da Bruxelles e approvate dagli Stati, testo di riferimento per i conti pubblici, la Commissione chiedeva all’Italia un aggiustamento strutturale dello 0,7% per avvicinarsi al suo obiettivo di medio termine, cioè il pareggio, e per essere in linea con la regola del debito che scatta dal 2015 e che impone di tagliare di un ventesimo all’anno la parte che eccede il 60% del debito pubblico. Un salasso per l’Italia, che potrebbe essere evitato se il debito venisse assicurato ad un percorso di discesa. Cosa che non sta accadendo, visto che Padoan ha annunciato un aumento, imputandolo, però, sempre al deterioramento della situazione economica.

Le raccomandazioni chiedevano all’Italia anche uno sforzo maggiore sulle riforme: se questo sforzo venisse riconosciuto, potrebbe scattare un’altra leva della flessibilità nelle regole che consente deviazioni dagli obiettivi di bilancio per chi “attua riforme ampie, importanti, con un impatto verificabile sui conti”. Ora bisogna vedere se quella del lavoro sarà presa in considerazione. Se così fosse, si potrebbe guadagnare un vantaggio temporale: il prossimo esame sarebbe a maggio, quando gli effetti delle riforme sarebbero già visibili.

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