“Nessuno faccia interventi ombelicali, o gli togliamo il microfono”, scherzava Giuseppe Civati nel novembre 2010 alla Leopolda di Firenze. Al suo fianco, sul palco, Matteo Renzi, allora sindaco della città. Due rottamatori per riscrivere il futuro del Pd, senza più personalismi, leaderismi: “Niente Walter o Massimo, non facciamo nomi: parliamo solo di cose da fare”, ammoniva Pippo. “Avrete cinque minuti per parlare, non un secondo di più”, seguiva Matteo. Insomma, via la vecchia leadership per fare spazio alle idee, uniti dallo slogan “Prossima fermata, Italia“. Poi le cose sono andate diversamente. Oggi Civati, sulle barricate per la riforma del lavoro, minaccia la scissione del partito. Renzi è premier, segretario del partito, e nel Pd di nomi se ne fanno ancora, ma l’unico a contare veramente è il suo

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Renzi: “Sono boy scout, non massone. Non omaggio poteri forti e questa è la reazione”

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