Un mutuo da 496mila euro concesso nel 2010 da Credito Cooperativo di Pontassieve, piccola banca con sede nel paese dei Renzi, quando la Chil Post srl, la società fallita per cui Tiziano Renzi è finito nei guai a Genova, già non pagava più i suoi fornitori. L’istituto, presieduto da un amico del premier Matteo Spanò, non è stato il primo creditore a chiedere il default dell’impresa, che distribuiva giornali e volantini. Anche su questo finanziamento – come scrivono Corriere e Messaggero – si stanno concentrando i pm genovesi che indagano sulla bancarotta fraudolenta che ha portato Renzi senior nel registro degli indagati insieme ad altri due ex amministratori. A chiedere il fallimento sono state altre due imprese, Asti Asfalti e Mirò Immobiliare, che reclamavano rispettivamente 228.648 e 178mila euro. Mentre l’istituto toscano ha presentato l’istanza per entrare nell’elenco dei creditori che intendono rivalersi. 

In ottobre Tiziano Renzi cede per 3.878 euro l’unico ramo d’azienda produttivo e in attività, la distribuzione dei giornali in Liguria e non solo, all’azienda di famiglia presieduta da Laura Bovoli, sua moglie. Nel 2009 e nel 2010 il fatturato della filiale genovese dell’azienda è già ai minimi termini. Dove sono finiti tutti quei soldi si chiedono gli investigatori? Quel mezzo milione di euro da solo più di un rappresenta del milione e 150mila euro che ha portato alla bancarotta.

Gli investigatori stanno vagliando i rapporti tra la Chil post e altre società che le gravitavano attorno, per valutare comportamenti pregressi che avrebbero potuto influire sulle dinamiche che hanno portato al fallimento. Gli accertamenti della Procura di Genova però – come scrive il Fatto Quotidiano – stanno ricostruendo anche l’intera vita imprenditoriale del padre del premier. C’è un’altra società la Mail Service Srl, una società di cui il padre del premier era socio di maggioranza, con il 60% del capitale, e che nel 2011 è stata dichiarata fallita. Proprio come la Chil Post che, secondo l’accusa, è stata svuotata del ramo aziendale sano, e poi accompagnata fatta fallire. La Mail Service potrebbe rappresentare un precedente utile al fine delle indagini perché sembra attuare uno schema poi ripetutoCome la Chil Post anche la Mail Service è passata dalle mani di Renzi senior a quelle di Massone, nell’ottobre 2006. Non in quelle di Gian Franco, però, ma in quelle del figlio Mariano. Ed è quest’ultimo infatti a essere indagato per la bancarotta fraudolenta della Chil insieme a Tiziano Renzi e non il padre Gian Franco come riportato in un primo momento. 

Aggiornamento dell’1 agosto 2016 – In data 30 luglio 2016 l’inchiesta per bancarotta a carico di Tiziano Renzi, nell’ambito del fallimento della Chil Post, è stata archiviata. Nelle motivazioni del gip del tribunale di Genova Roberta Bossi si legge che Renzi padre “non operò come socio occulto dopo la cessione del ramo d’azienda della Chil Post”. La bancarotta “fu determinata da altri” e “la cessione del ramo d’azienda non ha determinato la diminuzione del patrimonio ai danni dei creditori”.

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