Un italiano su tre ha paura di diventare povero. Una situazione peggiore di quella percepita in Germania e Regno Unito, ma anche in Francia e Spagna. È quanto risulta da uno studio del Censis pubblicato nel Diario della transizione. Secondo il rapporto, a temere la soglia di povertà è il 33% degli italiani. E solo il 30% sente di avere le spalle coperte dal sistema di welfare, percentuale che sale al 58% in Spagna, 61% nel Regno Unito, 73% in Germania e 74% in Francia. “In un contesto così difficile, con crescita e occupazione che non ripartono – si legge nell’analisi – gli italiani pensano sia essenziale proteggersi in caso sopravvenga una malattia, la perdita del lavoro o semplicemente per fronteggiare le spese impreviste“. Quali sono quindi i motivi per cui risparmiano gli italiani? Il 44% per far fronte ai rischi sociali, di salute o di lavoro, il 36% perché è il solo modo per sentirsi sicuro, il 28% per garantirsi una vecchiaia serena. La crisi di fiducia spinge a usare i soldi a scopo precauzionale, così vince “la difesa dalle insidie inattese – continua lo studio – piuttosto che lo slancio verso l’investimento che rende nel tempo o l’immissione nel circuito virtuoso dei consumi”.

Sarà forse per questo che, sempre secondo l’istituto di ricerca, negli anni della crisi gli italiani hanno preferito tenere i soldi incontanti o fermi sui conti correnti, a disposizione per ogni evenienza. Il valore di contanti e depositi bancari è infatti aumentato di 234 miliardi di euro negli ultimi sette anni, con le consistenze che sono passate dai 975 miliardi di euro del 2007 ai 1.209 miliardi del marzo 2014, per un incremento del 9,2% in termini reali. Oggi costituiscono il 30% del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie, mentre erano solo il 25% nell’anno prima della crisi.

“Incertezza, paura, cautela – afferma il Censis – spingono gli italiani a tenere i soldi vicini, subito pronti all’occorrenza e per tamponare i rischi”. Nello stesso periodo sono aumentati, del 7,2% cioè di 125 miliardi di euro, anche i soldi accantonati con assicurazioni e fondi pensione. E le polizze vita sono tornate a funzionare come salvadanaio per molti italiani: i premi raccolti sono passati da 63,4 miliardi di euro nel 2007 a 86,8 miliardi nel 2013 (+21,3% in termini reali). Di contro sono stati azzerati i consumi (-7,6%) e dimezzati gli investimenti immobiliari, con le compravendite di abitazioni che sono passate dalle 807mila del 2007 alle 403mila del 2013. 

La maggior propensione degli italiani alla creazione di risparmi ha registrato un’inversione di tendenza a partire dal secondo trimestre del 2012, con un trend crescente che ha visto le masse passare da 20,1 miliardi a 26 miliardi di euro (primo trimestre 2014), con un incremento nel periodo del 26,7% in termini reali. La propensione al risparmio è così salita dal 7,8% al 10%, pure a fronte di una riduzione nello stesso periodo dell’1,2% del reddito disponibile delle famiglie e nonostante la bassa inflazione abbia attenuato la caduta del potere d’acquisto. “Meno redditi, meno investimenti, zero consumi, più risparmi – sintetizza il Censis – questo il trend degli italiani al tempo della crisi”.

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