Il Regno resta Unito ma non sarà più lo stesso. E’ il refrain della stampa dopo il risultato scozzese. Quasi il 55% dei votanti hanno scelto di non cambiare le cose, di restare sotto l’egida di Londra. Di conservare le tradizioni politiche. Non sappiamo ora quanti hanno scelto il ‘No’ dopo le promesse dei leader politici e re magi londinesi Cameron-Clegg-Miliband: più autonomia, più spesa sociale per i 5 milioni di sudditi del Nord britannico. Costerà salato mantenere gli impegni, anche politicamente: e infatti Cameron seppur tirando un sospiro di sollievo pagherà la scommessa presa 2 anni fa quando concesse il referendum (la sua idea, che si è rivelata in queste settimane arrischiata, era di far sgonfiar gli indipendentisti: una volta bocciata la richiesta, tutti e tutto sarebbero rientrati nei ranghi).

Dalle Shetland (pecore e petrolio immersi nel Mare del Nord: a loro volta i 23mila abitanti hanno avuto un soprassalto di autonomismo a cui Edimburgo a detto no) a Glasgow (dove i ‘Sì’ hanno vinto) adesso si aspetta che il premier conservatore faccia sapere fino a quale grado è disposto a “ripagare” la fedeltà alla Corona.

Il processo sarà rapido, scadenzato e garantito – da qui a gennaio proposte e meccanismi verranno illustrati e impiantati – dimostrando che dopo l’ “ubriacatura” apparsa anche un po’ irrazionale di queste settimane, il Regno Unito va avanti con il pragmatismo seppur un po’ appannato e fané che il mondo gli riconosce e gli ammira ancora.  

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