Ricapitolando: abbiamo un premier (con relativo governo) non scelto dagli elettori, che stringe un patto con la presunta opposizione (Fi) “per il bene del paese” (ma davvero?), e il patto manco regge, visto che i candidati Pd/Fi alla Consulta e al Csm vengono sistematicamente impallinati dai franchi tiratori interni ai due partiti. Se tanto ci dà tanto, andremo a piangere quando si dovranno approvare definitivamente le riforme istituzionali…Ma tant’è.

Renzi e Berlusconi allora, non controllando i loro parlamentari, decidono almeno di controllarsi tra di loro e dare l’ennesima “registrata” al Patto del Nazareno, incontrandosi un’altra volta a Palazzo Chigi. Lo streaming, necessario nel caso del M5S, qui non è offerto agli italiani: dobbiamo affidarci alle cronache dei “retroscenisti di Palazzo”. Una su tutte: la renzianissima Maria Teresa Meli de il Corriere della Sera.

Innanzitutto ci informa dei partecipanti: la solita banda dei quattro che si incontrò la prima volta a gennaio – Renzi e Guerini, Berlusconi e Gianni Letta – con l’aggiunta di Denis Verdini, che fa vincere al tavolino 3 a 2 e arriva da solo per primo. Cosa si sia detto con Renzi prima dell’epifania del suo capo, non è dato saperlo (anche se sarebbe stata la cosa più interessante). In compenso sappiamo come ha esordito Berlusconi. Ha parlato della crisi economica che attanaglia il Paese? Della disoccupazione record? Delle previsioni nefaste per il nostro Pil? No. Ciò su cui al momento è impegnato anima e corpo “e i risultati si vedono” è il suo Milan. Commento della Meli: “Il ghiaccio è sciolto, anche se Renzi non può fare sfoggio di uguale ottimismo sulla ‘sua’ Fiorentina. Si arriva al dunque”. Tradotto: con tutti i problemi che abbiamo, premier ed ex premier si ritrovano a cazzeggiare di calcio, e se si arriva al sodo è solo perché Renzi non regge il confronto.

Ora però – immaginiamo – detterà le sue condizioni, batterà i pugni sul tavolo e dirà a B. “Basta tergiversare, fate le riforme alle nostre condizioni! O dobbiamo farle col M5S?”. Nulla di tutto questo. La prima richiesta pressante – che fa capire subito chi comanda tra i due – è di B.: “Sei in grado di garantirmi che non ci saranno elezioni anticipate a breve?” riferisce la Meli, che prosegue: “Ma Renzi non ha le elezioni in mente”, perché vuole portare avanti il suo programma dei mille giorni. Tradotto: cala subito le braghe, niente voto anticipato come vuole l’ex Cav.

A questo punto, è la volta del Jobs act. E qui la Meli sottrae il giovane virgulto alle grinfie dell’anziano capobranco, restituendogli un’apparente dignità: “I due ne parlano, ma il presidente del Consiglio non chiede la sponda di Fi per farlo passare. Semplicemente informa l’ex premier di quello che vuole fare”. Tradotto: non chiede la sponda di Fi per il semplice fatto che già ce l’ha, perché quello che vuole fare è togliere l’art. 18 ai neoassunti, cosa che Fi avrebbe voluto fare da sempre ma non c’è riuscita. E infatti l’ex ministro Sacconi è già in visibilio a vedere la Cgil scatenata contro il suo (ex) partito di riferimento e pensa: “Non poteva andare meglio”. Si poteva anche scrivere: “Renzi non chiede la sponda di Fi per far passare il bavaglio alle intercettazioni o l’immunità per i senatori”.

Dal lavoro si passa poi alle questioni più gravose: “Situazione internazionale, Medio Oriente, ma pure Ucraina e infatti il nome di Putin è stato pronunciato più volte”. Tradotto: i due statisti hanno a cuore il destino del mondo, mica guai giudiziari, possibili grazie, interessi aziendali…No, B. e R. stanno per Batman e Robin e sentono tutta la responsabilità di liberare l’intero pianeta dal male!

Poi però bisogna anche cambiare l’Italia, si dicono i nostri supereroi cercando di superare la preoccupazione lancinante per l’allarme terrorismo. Ed ecco che, finalmente, si arriva al tema che doveva essere al centro fin dall’inizio: la legge elettorale. Lo chiede il Paese, lo chiedono gli italiani che perdono il lavoro, lo chiedono le famiglie che non sanno più come andare avanti: preferenze o no? Le soglie per i partiti alleati e non, si possono abbassare? E quella per il ballottaggio si può alzare al 40%? B. e R. non sono certo insensibili a questi richiami nazionali e, ancora una volta, si caricano sulle spalle il peso della rinascita italiana e raggiungono una nuova intesa. Totale su alcuni tasselli, “di massima” su altri, “benchè al Pd siano convinti che alla fine il leader di Fi darà il suo assenso”, anche sulle preferenze. Questi sono gli uomini di cui abbiamo bisogno, che superano le “pretese settarie” stigmatizzate dal Capo dello Stato, per il bene di tutti noi. E vogliono pure fare in fretta. “La riforma della legge elettorale, una versione riveduta e corretta dell’Italicum licenziato dalla Camera, dovrebbe essere incardinata già la prossima settimana, salvo sorprese” – e qui la Meli tocca l’apice del racconto-streaming – “Gli imprevisti infatti sono sempre possibili, visto l’andazzo di questo Parlamento”. Tradotto: visto che decidono tutto – e bene – B. e R. nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, perché non aboliamo direttamente il Parlamento che è solo un intralcio?

Tanto poi la Meli ci racconta com’è andata…

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