“La trappola del gas, dall’Azerbaigian al Salento. Sicurezza energetica per chi e a quale costo”. Questo l’argomento dell’evento pubblico promosso dall’associazione “Re: Common” e dalla sezione italiana di Amnesty International che si è svolto a Roma. Uno dei protagonisti del dibattito, cui ha dato un contributo economico la Commissione europea, è stato Gianluca Maggiore del comitato No Tap che si sta battendo da mesi contro la realizzazione del gasdotto il cui approdo è previsto a San Foca, in territorio di Melendugno, uno dei più affascinanti del Salento dal punto di vista paesaggistico. L’infrastruttura continua a essere al centro della polemica politica, nonostante la società, da parte sua, abbia sempre fornito rassicurazioni circa la sua sostenibilità. L’ultimo colpo di scena, in ordine di tempo, è di ieri, quando il ministro dell’Ambiente Galletti, da Bari, ha dichiarato che la decisione è stata già presa e che esiste una valutazione d’impatto ambientale favorevole a quell’approdo. E nella vicenda si inserisce anche la questione del rispetto dei diritti umani. I comitati No Tap chiedono al governo se “davvero questo progetto sia la chiave di svolta per liberarci della dipendenza dal gas russo e quali siano gli impatti di questa mega infrastruttura sull’ambiente e sui diritti umani dei paesi attraversati? In particolare – proseguono – in Azerbaigian, dove la famiglia Aliyev da decenni è al governo e ha costruito le sue fortune sullo sfruttamento di gas e petrolio, sono sempre stati calpestati i diritti della popolazione locale”  di Manolo Lanaro

Articolo Precedente

Energia alternativa: il bosco che scalda le case

next
Articolo Successivo

Sicilia, capodoglio di venti metri si arena e muore davanti a Triscina

next