La genitorialità allargata è uno scenario realistico? Se l’uomo forza la natura, deve essere poi disposto a prevedere e accettare soluzioni che vanno al i là di quelle considerate “naturali”. Si può essere d’accordo o meno con certe scelte, quelle della fecondazione assistita, ma dobbiamo riconoscere che il mondo va sempre di più in quella direzione e i dati statistici dicono che negli ultimi anni il ricorso a tale pratica è aumentato in maniera sensibile e che lo vogliamo o no ci troveremo ancora ad affrontare situazioni non convenzionali.

Per le due coppie ormai note, quello che è capitato è un dramma per loro, per i loro figli, per chi ha sbagliato, per chi deve trovare soluzione all’errore, ma ormai le cose stanno così e dopo il disorientamento e la disperazione bisogna trovare una strada. Qualsiasi soluzione sembrerà parziale e ingiusta. La genitorialità allargata ipotizzata nel precedente post, potrebbe essere una. Certo un’eventualità tutta da inventare, uno scenario tutto da costruire, forse con una coppia principale o forse no.

Il fatto che l’errore abbia generato due esseri umani, può indicare una compatibilità? Il bambino che cresce con quattro genitori potrebbe sviluppare gravi disturbi psicologici? Certo ci sarebbero regole da concordare. Conosciamo l’effetto della mancanza di figure di riferimento, meno l’effetto dello scenario contrario. Possiamo fare riferimento alla vecchia famiglia allargata, i bambini crescevano disorientati? Siamo più o meno tutti d’accordo sul fatto che al contrario potevano contare su più figure di riferimento. L’attuale famiglia nucleare è il risultato della società moderna, più coerente con il tipo di vita che conduciamo, non necessariamente più giusta, sicuramente più fragile: quando i genitori si trovano in difficoltà, hanno meno punti di riferimento. Separare un bambino dalle figure che ha incontrato alla nascita e con le quali da diverse settimane ha iniziato a costruire un attaccamento, quello sì che sarebbe traumatico, significherebbe anche azzerare tutti gli studi degli ultimi novant’anni.

Fino agli anni ’30 del XX secolo, si riteneva che i bambini di pochi mesi non avessero capacità di relazione o di apprendimento e che il motivo per cui sviluppavano uno stretto legame con la madre fosse perché lei lo nutriva. Si riteneva che la fame fosse un bisogno primario e la relazione personale un bisogno secondario. Successivi studi, tra cui quelli di J. Bowlby, hanno dimostrato il contrario. Questi studi hanno rivelato che, come gli animali, gli esseri umani hanno un periodo “critico”, che si estende a gran parte del primo anno in cui, in condizioni ambientali favorevoli, costruiscono i legami di attaccamento. Per crescere psicologicamente equilibrato, il bambino deve poter sperimentare una relazione affettuosa e costante con la madre (o chi ne fa le veci).

Il comportamento di attaccamento viene indirizzato verso una persona preferita, che può coincidere con la madre biologica, ma non necessariamente. E’ il bambino che seleziona tra le figure disponibili, la sua principale figura di riferimento, quella che se ne occupa di più, oppure quella con cui entra in maggior sintonia o altro. La preferenza per una persona non va intesa in senso assoluto. Gli attaccamenti di un bambino, dice Bowlby, possono essere immaginati come una gerarchia con una figura preferita al vertice, seguita subito dalle altre. I risultati di questi studi non sembrano incompatibili con nuove forme di genitorialità.

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