Lo Stato spende 1,6 miliardi in mense, solo quelle aziendali delle amministrazioni società pubbliche costano sui 490 milioni di euro l’anno. E i piani alti di Viale Mazzini danno una grossa mano. Hanno appena tuonato contro appalti esterni e super fatture, additando i comparti della produzione e dell’informazione. “Per tante, troppe sere — ha scandito il consigliere Antonio Pilati — noi serviamo sulla tavola degli italiani del caviale. Una portata sofisticata e costosa, che non possiamo più permetterci”. Su quello che si serve dentro la Rai, buono o cattivo che sia, non una parola. E infatti lo stesso Cda ha approvato la gara che entro il prossimo 2 ottobre porterà alle offerte per rilevare il servizio di “ristorazione aziendale e servizi accessori” presso le direzioni generali, i centri produzione e le sedi regionali. Validità, cinque anni. Sono interessate dunque le città di Roma, Milano, Napoli, Torino, Trieste, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Campobasso, Bari, Cosenza, Palermo. In pratica, il più grande ristorante d’Italia. Si capisce allora, al di là dei 7mila dipendenti a tavola, la cifra monstre del bando: 52,3 milioni di euro per far mangiare dirigenti, dipendenti e ospiti. Un po’ come se ogni italiano, nei prossimi cinque anni, versasse un euro a testa per tenere aperta la mensa del servizio pubblico. Una tassa di scopo che finisce prima in padella e poi in tv. I dipendenti, infatti, pagano solo gli extra (pane, acqua, vino), gli ospiti 6.10 euro per il pranzo completo.

La parte del leone la fa ovviamente Roma, con la direzione generale e il centro produzioni che si pappano 45 milioni. Su tutte, la mitologica mensa aziendale all’ottavo piano di viale Mazzini, dove nel menù giornalisti e dipendenti sono soliti scrutare orientamenti, gusti e sensibilità dei nuovi vertici Rai (in epoca Agnes erano assurti a notorietà piatti esotici come le pennette alla vodka). Ai 7 bar e alle sei mense delle sedi viale Mazzini, Saxa Rubra, Asiago, Teulada, Nomentano, Tor di Quinto e Salario lavorano 170 persone, 41 full time, 14 sono solo cassieri. Nelle sedi distaccate gli addetti alle mense sono 121. Insomma, ogni giorni per sfamare il popolo della Rai servono quasi 300 persone. Il più grande e ricco ristorante d’Italia, appunto. Resta da capire dove si mangia meglio. A giudicare dai prezzi unitari riconosciuti al fornitore si direbbe nelle sedi regionali, più piccole e confortevoli. Ma soprattutto più remunerative per chi le gestisce. La Rai riconosce 10,77 euro Iva esclusa a pasto per le sedi distaccate, “solo” 5,81 per quelle romane. Ma qualità-prezzo non è un assioma: su Tripadvisor i dipendenti della sede milanese, in viale Sempione, si sono vendicati della mediocrità del servizio con l’unica arma possibile, l’ironia. “Il pane raffermo, e tanti altri piatti difficili da distinguere (potrebbe essere una sogliola e scopri che è vitello, ti sembrano piselli e sono trucioli di legno massello) vi regaleranno un pranzo o una cena che difficilmente dimenticherete” (Gabriele C.).  Insomma non c’è garanzia su un pasto in Rai. Tra dipendenti e ospiti (alcuni paganti), centro e periferia, nel 2013 ne servono mediamente 1,5 milioni l’anno. In cambio di 10 milioni. Buon appetito.

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