In Lombardia siamo passati dalla padella alla brace. Quale altra immagine fortemente evocativa utilizzare per descrivere la situazione venuta a crearsi per quanto riguarda la possibilità di effettuare una fecondazione eterologa nella regione motore economico del Paese? Dopo che una sentenza della Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo il divieto a questo tipo di pratica in Italia, l’estate scorsa si erano registrati i primi casi di coppie che in Italia si recavano a fare l’inseminazione in centri presenti all’interno dei confini della Penisola. Il ministro della Salute, l’alfaniana e cattolica Beatrice Lorenzin, era però salita sugli scudi, intimando ai medici la preventiva approvazione di cosiddette “linee guida”, che stabilissero il da farsi. E così ecco che alle Regioni è stata demandata la regolamentazione in materia, ed ecco che a Milano è stato deciso che non sarà affatto gratuita quella pratica – attraverso spermatozi oppure ovociti esterni alla coppia – utile a chi vuole avere figli, ma ha dei limiti fisici che glielo impediscono.

L’assessore lombardo alla sanità, Mario Mantovani, ha spiegato infatti che la fecondazione assistita eterologa sarà autorizzata in Lombardia presso tutti i centri di procreazione medicalmente assistita di primo, secondo, terzo livello autorizzati per l’omologa. Ma ha aggiunto che sarà a pagamento e potrà essere richiesta solo in caso di infertilità o di sterilità assoluta o irreversibile. Fonti di stampa dicono che i prezzi potrebbero aggirarsi sui 3mila euro, ma l’assessore Mantovani ha precisato che “I costi sono molto variabili; faremo una valutazione. Riteniamo che sia il governo a dover fissare i Lea, come ha fatto con l’omologa”. Più esplicito nello spiegare i reali motivi di questo tipo di scelte, l’ex Governatore della Regione, Roberto Formigoni, che in un tweet scritto subito dopo la decisione presa dall’ente che un tempo lui stesso presenziava, ha affermato: “Almeno in Lombardia il pensiero unico laicista non passa. Le norme sull’eterologa difendono i bambini e la famiglia, no alla deriva gay”.

 

 

Caro Formigoni che centrano adesso i gay? Solo tu li stai tirando in ballo; come sai nessun diritto viene riconosciuto agli omosessuali, anche in una legge 40 corretta a colpi di sentenze di Corte costituzionale. Le coppie omogenitoriali continuano ad essere non contemplate e chi vuole “costruire vita” all’interno del proprio rapporto amoroso, come la sottoscritta felicemente convivente da anni con un’altra donna, deve recarsi all’estero e continuare a spendere gli stessi soldi che questa pratica è sempre costata fuori dai nostri confini. Ma, ripeto, non è dei diritti degli omosessuali che stiamo parlando, è del diritto delle migliaia di coppie eterosessuali italiane che hanno difficoltà ad avere figli. È di loro che ci dovremmo occupare. E con serietà.

Invece tutta la vicenda, come al solito, pare offuscata da visioni preconcette e da ideologie che condannano il progresso e costringono persone – italiani, nostri connazionali – alla sofferenza di una soluzione possibile ma mancata. In più, secondo un imbarazzante paradosso: una coppia lombarda potrebbe essere costretta a pagare il proprio trattamento di inseminazione eterologa a differenza di una emiliana, che pagherebbe solo il ticket per gli esami diagnostici e di idoneità. La giungla normativa (e di tariffario) non è finita dopo le sentenze della Consulta che hanno spogliato la legge 40 di molti dei suoi divieti. Anzi i limiti di una regolamentazione nata sbagliata sembrano accompagnare qualsiasi tentativo di correzione. Forse l’unica via è eliminare quella legge e riscriverne una nuova.

Ma per il momento si procede per “linee guida” ministeriali; le ultime varate hanno fissato a 43 anni l’età massima, per la donna ricevente, per rientrare nei Lea, i livelli essenziali di assistenza della sanità pubblica anche sul fronte della fecondazione eterologa. Normativa che però sta alla finale decisione delle Regioni – come abbiamo visto nel caso lombardo – confermare o meno. Lo scenario, poi, è ulteriormente complicato dai nuovi ricorsi che le associazioni delle coppie sterili già si accingono a formulare e a depositare presso quei Tribunali competenti degli enti pubblici che, per motivi ideologici, mettono i bastoni tra le ruote e non facilitano affatto chi è alla ricerca di una nuova vita e lotta verso una fisicità contraria.

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