Trovare il compagno giusto a cui passare la palla o l’avversario da bloccare quando si subisce un contropiede è un’abilità che potrebbe dipendere da una particolare zona del cervello. Secondo uno studio pubblicato su Neuron dai ricercatori dell’Università di Chicago, infatti, la percezione combinata di colore (la maglia del giocatore) e movimento (la direzione della corsa) è determinata dall’attivazione di una porzione dell’organo, l’area laterale intraparietale.

I neuroni che vi si trovano, infatti, si attivano in maniera diversa in base a cosa cercano: se si aspettano qualcosa di rosso che si muove in avanti (un compagno che si lancia verso la porta) saranno più recettivi per questa combinazione di tinta e movenze; ma se qualche secondo dopo andranno alla ricerca di qualcosa di bianco che si muove in direzione opposta (l’avversario che gli ha rubato palla) le cellule cerebrali saranno invece più sensibili alla nuova accoppiata. Per dimostrarlo, i ricercatori hanno condotto un test su un gruppo di scimmie, volto proprio a osservare cosa succedeva ai neuroni quando si chiedeva agli animali di riconoscere la giusta “coppia di colore e direzione” se messi davanti a uno schermo in cui punti di tinte diverse scorrevano in direzioni opposte.

L’area laterale intraparietale, altamente interconnessa con le altre aree del cervello che si occupano di vista, controllo motorio e funzioni cognitive, funziona infatti solo quando si sta facendo un compito specifico che richiede attenzione per una combinazione di colore e movimento.

“Nel caso in cui abbiamo un problema specifico da risolvere, la maggior parte degli oggetti che si trovano nel nostro campo visivo non sono importanti. Lo studio dimostra che il metodo con cui il cervello sceglie quelli utili cambia istante dopo istante a seconda di cosa sta cercando intorno a sé”, ha spiegato David Freeman, uno degli autori dello studio. “Questa ‘calibrazione’ veloce di alcune aree dell’organo era stata postulata a livello teorico molto tempo fa”, ha aggiunto Guilhem Ibos, altro ricercatore che ha lavorato allo studio. “Ma solo oggi siamo riusciti a dimostrare che il cervello varia la percezione del mondo esterno a seconda del compito specifico assegnatogli, e dunque in base a ciò che è ‘rilevante’ in ogni singolo caso”.

di Laura Berardi

Dal Fatto Quotidiano dell’8 settembre 2014

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