Pagato con 25 milioni di euro di fondi pubblici, inaugurato nel 2012 e praticamente inutilizzabile a causa della burocrazia. A Parma, dopo l’inceneritore, l’opera più chiacchierata in città si chiama Ponte Nord e tutt’oggi rimane uno dei simboli dell’eredità del centrodestra con cui l’amministrazione Cinque stelle di Federico Pizzarotti sta facendo i conti da due anni e mezzo. Il destino del complesso dipende dal governo, che dovrà decidere se concedere una variante urbanistica per permettere di utilizzare il ponte anche al suo interno, proprio come il Ponte Vecchio a Firenze o quello di Rialto a Venezia.

L’infrastruttura, un tunnel in acciaio e vetro su tre livelli lungo 160 metri e alto 15, era stata progettata come ponte abitabile per spazi espositivi e commerciali, anche se la legge vieta espressamente di costruire stabili con usi permanenti sugli alvei dei fiumi e dei torrenti. Un dettaglio emerso solo a opera completata, in cui è incappata la giunta di Pizzarotti, che si è trovata con un ponte all’avanguardia che all’infuori del transito di auto, pedoni e ciclisti, rimane un involucro vuoto, non del tutto chiuso, in cui possono trovare spazio esclusivamente mostre o mercati temporanei. Una prospettiva ben diversa dai negozi, bar e uffici promessi ai suoi cittadini dall’ex sindaco Pietro Vignali, poi travolto dalle inchieste per corruzione, all’epoca in cui il ponte veniva presentato come vetrina per la città ducale insieme alla vicina stazione. “E’ un bell’esempio di mala Italia” ha commentato il sindaco Cinque stelle, che quando a pochi mesi dall’inizio del suo mandato, nel 2012, si era visto consegnare l’opera finita, si era rifiutato di tagliare il nastro.

Il ponte era stato voluto nell’era dell’ex sindaco Elvio Ubaldi, la progettazione affidata all’architetto Vittorio Guasti, ex senatore Pdl e ex vicesindaco di Parma, ma il cantiere ha visto la luce nel 2010 con Vignali. Nell’idea di grandeur, il tunnel sospeso avrebbe dovuto collegare la stazione alla nuova sede dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, tanto che il suo vero nome è Ponte Europa e le risorse per realizzarlo sono arrivate con i fondi per la sede dell’agenzia internazionale a Parma. Un finanziamento di 25 milioni di euro – a cui si aggiungono quelli del project financing delle aziende che hanno l’appalto dei lavori, la Pizzarotti (dell’industriale parmigiano che ha lo stesso cognome del sindaco) e la Codelfa – investiti in un’opera che oggi tutti possono vedere dall’esterno, ma che nessuno può utilizzare.

“Oggi il Ponte Nord è un guscio vuoto, senza impianti di riscaldamento e non del tutto adeguato alle normative antincendio – spiega l’assessore ai Lavori pubblici Michele Alinovi – Per renderlo abitabile e usarlo, ci vorrebbero altri 3 milioni di euro”. Ma prima di pensare ai soldi, c’è la burocrazia. Perché per aprire al pubblico il ponte, occorre una variante urbanistica, un atto del governo per permettere usi permanenti di interesse pubblico sovracomunale all’interno dell’infrastruttura. Una richiesta che Pizzarotti ha già inviato a Roma, prima a Enrico Letta e poi al premier Matteo Renzi, ottenendo in cambio promesse che però non si sono ancora concretizzate. Il via libera, già accordato da Regione e Aipo, sarebbe già dovuto arrivare con il decreto Sblocca Italia, ma nel testo l’opera parmigiana non è stata inclusa. “Non abbiamo chiesto soldi, ma solo l’autorizzazione per sbloccare l’opera – ha spiegato Pizzarotti – Ho parlato con la presidenza del consiglio e ci hanno detto che per ora sono stati presi provvedimenti generici, ma che presto ci sarà un decreto attuativo appositamente per il ponte. La speranza è di ottenere il via libera, per non vedere sprecate risorse pagate da tutti”.

È dal 2012 che i Cinque stelle stanno cercando una via d’uscita per il “pasticcio del Ponte Nord”, che a giudicare dagli atti, sarebbe stato evitabile ancora prima di costruirlo. Già ai tempi della progettazione infatti, Roma aveva bocciato l’idea del ponte abitabile, ma il diniego era stato aggirato facendo passare l’infrastruttura come una “piazza coperta”, pur sapendo che in questo modo non ci sarebbero stati i permessi per insediarvi attività ed esercizi commerciali. “Probabilmente si è andati avanti ugualmente, sperando di ottenere un’autorizzazione una volta completata l’opera” ha aggiunto Alinovi. Il tunnel-vetrina, insomma, si doveva fare a tutti i costi. Basti pensare che per realizzarlo è stato sventrato un intero quartiere residenziale, tagliato in due da una nuova strada per collegarlo alla viabilità cittadina, ignorando il fatto che il ponte sarebbe passato su un tratto del torrente Parma quasi sempre in secca e che a un centinaio di metri ce ne fosse già un altro che congiunge le due zone della città.

Oggi però gli ostacoli sono molto concreti: l’avveniristica bretella coperta richiede enormi spese di manutenzione. Tenerla chiusa costa, ma per aprirla serve un atto della presidenza del consiglio e nuove risorse per renderla abitabile, “perché è un’opera fatta con fondi pubblici, non si può lasciare andare in rovina” aggiunge Alinovi. Il progetto originario, che prevedeva anche una torre direzionale con uffici, è stato ridimensionato insieme al piano economico finanziario, e le idee per valorizzare il ponte spaziano da un mercato permanente per l’agrifood a un centro di lavoro per nuove start-up, fino a una sede di attività didattica e scientifica universitaria. “La cosa più difficile, se otterremo l’autorizzazione, sarà la gestione del complesso – ha concluso Pizzarotti – In futuro faremo anche un Open Day per far vedere da vicino a cittadini, imprenditori e chiunque sia interessato, cos’è e com’è al suo interno la struttura. Raccoglieremo i suggerimenti di quanti vorranno contribuire al futuro di questa opera per la città”.

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