Da un lato la strategia, politica e militare, da attuare contro l’espansione dello Stato Islamico. Dall’altro la strategia per frenare l’espansionismo russo nell’est Ucraina. Sono questi i temi della seconda giornata al vertice Nato di Newport. Sul fronte Isis, lo scopo di Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, e di David Cameron, premier britannico, di creare una coalizione che fronteggi lo Stato Islamico, è raggiunto. Dieci Paesi, tra cui l’Italia, formeranno una coalizione contro lo Stato islamico. Lo hanno annunciato fonti britanniche a margine del vertice dell’Alleanza atlantica a Newport, nel Galles, precisando che l’iniziativa, guidata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, comprendere Italia, Francia, Germania, Danimarca, Polonia, Turchia e Canada. Il decimo Paese non fa parte della Nato ed è l’Australia. 

“L’Isis è una grave minaccia per tutti e nella Nato c’è una grande convinzione che è l’ora di agire per indebolire e distruggere l’Isis”, ha detto il presidente Usa, Barack  Obama, sottolineando che “gli alleati della Nato” sono pronti a unirsi “in un grande sforzo internazionale” contro questa minaccia. L’obiettivo è dichiarato: fornire aiuti e assistenza a chi combatte in prima linea, oltre ad un appoggio diplomatico. Nessun intervento, invece, per quanto riguarda le forze di terra. “Non invieremo truppe in Siria”, ha puntualizzato il presidente Usa. E se anche la Nato, ricorda il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, “non ha ancora ricevuto alcuna richiesta da Baghdad“, è comunque pronta a tornare in Iraq: “Sono sicuro che se il governo iracheno presentasse una richiesta di assistenza della Nato, gli alleati la valuterebbero seriamente”. Lo stesso Rasmussen ha annunciato il primo risultato della giornata: la Nato ha approvato il nuovo piano di intervento rapido, il Readiness Action Plan, per “rafforzare la nostra difesa collettiva“. Il segretario generale ha anche spiegato che la Nato ha deciso di “mantenere un’attività e una presenza continua nei Paesi dell’Est Europa dell’Alleanza”. La presenza, ha spiegato, sarà effettuata “a rotazione” ed è una risposta alla crisi in Ucraina e al coinvolgimento della Russia.

Tra le decisioni adottate a Newport c’è la creazione di una task force multinazionale per bloccare il flusso di combattenti stranieri che arrivano in Siria e da lì approdano in Iraq. Lo sottolinea una nota congiunta del segretario di Stato Usa, John Kerry, e del capo del Pentagono, Chuck Hagel. La coalizione internazionale anti-Isis – si legge – dovrà inoltre dare sostegno militare all’Iraq, contrastare le forme di finanziamento dell’Isis, affrontare le crisi umanitarie e delegittimare l’ideologia dell’Isis. “I combattenti stranieri rappresentano una grave minaccia per gli alleati della Nato”, affermano Kerry e Hagel aggiungendo che “lavoreremo di concerto per annullare ogni fonte di entrata per l’Isis, anche sul fronte del commercio dei prodotti petroliferi. E – si legge ancora nella nota – riterremo responsabili tutti coloro che violeranno i divieti internazionali su tale commercio”.

In apertura della seconda giornata de summit, Cameron è tornato a sfidare lo Stato Islamico: “Il nostro messaggio è chiaro: siamo uniti nella condanna di questi atti barbarici e spregevoli” e “questi terroristi devono stare molto attenti, le loro minacce otterranno solo il risultato di armare la nostra determinazione per difendere i nostri valori”. Il premier britannico ha annunciato anche che il Regno Unito contribuirà con 3.500 militari alla forza di risposta rapida che la Nato ha intenzione di schierare nell’Est dell’Europa. Per oggi è previsto incontro tra il premier britannico e Obama da un lato e il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, dall’altro: il sostegno di Ankara sarebbe fondamentale nella lotta contro i jihadisti nella regione. Il capo della Casa Bianca, inoltre, avrà un bilaterale con il presidente francese François Hollande

Al vertice si torna anche a parlare di armi chimiche, che nel 2003 fu la motivazione con la quale il governo di George W. Bush diede il via alla guerra contro Saddam Hussein. Gli Stati Uniti temono che i militanti dello Stato islamico o di altri gruppi terroristici possano impossessarsi di eventuali armi chimiche che la Siria potrebbe avere nascosto. Lo ha dichiarato l’ambasciatrice Usa alle Nazioni unite Samantha Power, parlando alla stampa dopo una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu con Sigrid Kaag, la direttrice dell’operazione internazionale mirata a eliminare le armi chimiche siriane. La missione congiunta di Onu e Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) terminerà alla fine del mese, con la distruzione di tutte le riserve consegnate da Damasco. Tuttavia Kaag ha affermato che l’Opac sta ancora lavorando con la Siria per risolvere le discrepanze sulle proprie dichiarazioni. Power ha dichiarato che Washington non è solo preoccupata dalla possibilità che il regime di Bashar Al Assad possa avere ancora armi chimiche, ma anche che le riserve nascoste possano finire nelle mani dei militanti islamici. “Il fatto che in Siria ci siano ancora armi chimiche è certo e il rischio è che tali armamenti finiscano nelle mani dell’Isil”, ha detto Power. “Possiamo solo immaginare cosa possa fare un gruppo simile dotandosi di tali risorse”, ha aggiunto.

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