La guerra è simulata, ma l’incendio e il fumo sono veri. Il bilancio è di 25 ettari di macchia mediterranea in fumo. Costa occidentale della Sardegna, Golfo di Oristano, base militare di Capo Frasca: qui, ieri pomeriggio, all’interno dei 1.416 ettari di servitù militare le fiamme sono diventate incontrollabili. Le informazioni, ufficiose e ufficiali, scarne, col contagocce. La prima ricostruzione arriva solo in serata e la fornisce una nota della Regione, secondo il report del Corpo forestale chiamato a domare il rogo.

Proiettili e ordigni fronte spiaggia. Ed ecco quindi i dettagli di una gestione, quasi da énclave extraterritoriale, delle esercitazioni nell’isola. I militari del poligono si sarebbero rifiutati di accompagnare la squadra a terra del Corpo forestale, come chiesto, per evitare aree a rischio esplosioni. Poi il tentativo di entrare e il dietrofront per le continue deflagrazioni, troppo pericolose. Da qui la decisione di utilizzare l’elicottero per spegnere l’incendio, operazioni terminate alle 18,45. Non è la prima volta che accadono episodi simili, appena un giorno prima nella stessa base un altro incendio, ma meno grave. A Capo Frasca ci sono i Tornado tedeschi che volano radenti, si sparano proiettili, esplodono ordigni. Tutto ciò a poca distanza dalle spiagge ancora gremite di bagnanti, perché qui lo stop alle attività vale per due mesi: luglio e agosto. Dal primo settembre via libera, chi c’è c’è, il calendario della Difesa detta legge. E le prescrizioni valgono fuori dal perimetro; almeno fino a oggi. È infatti arrivata la prima conseguenza delle polemiche, comunicata dai militari in mattinata: “Sospensione tecnica delle esercitazioni militari in attesa di istituire un presidio antincendio”. 

Bomba o non bomba. La causa, ancora presunta, delle fiamme sarebbe stato l’attrito provocato da un proiettile con le rocce. Poi, solo in un secondo momento, ci sarebbe stata la bomba. Diversa la posizione dell’Aeronautica militare che replica alle accuse mosse dalla Regione e dal presidente di centrosinistra Francesco Pigliaru. I militari sostengono di aver “collaborato” ma soprattutto non ci sarebbe stata nessuna esplosione, bensì “una fumata da segnalazione che ha sviluppato un lampo e rilasciato una modesta quantità di fumo”.

Le parole diPigliaru non lasciano spazio a interpretazioni: il dito è puntato contro il ministero della Difesa e un atteggiamento considerato evasivo, omertoso. “È inconcepibile che la Regione scopra da fonti non ufficiali che un grave incidente è avvenuto nel corso di una esercitazione militare – così dichiara Pigliaru – È altrettanto inconcepibile che la conferma reale delle dimensioni dell’incendio arrivi solo dopo l’intervento degli uomini del nostro Corpo forestale, e che il ministero della Difesa da noi interpellato attraverso canali informali,  parli di un piccolo incendio già domato quando invece l’elicottero del Corpo Forestale era ancora in azione alle 18.30, cinque ore dopo che il proiettile aveva innescato il fuoco”. La notizia era stata lanciata da Mauro Pili, ex presidente della Regione e deputato di Unidos, e da semplici cittadini, anche sui social network.

Gli appelli bipartisan. Da Ugo Cappellacci (Fi), ex governatore, arriva addirittura la richiesta di dimissioni del ministro della Difesa, Roberta Pinotti. “L’unico modo – dice – per scusarsi con quanto accaduto in Sardegna”. Dello stesso tenore le prime dichiarazioni di ieri di Michele Piras, deputato Sel e membro della Commissione Difesa. Chiede che si apra subito un’inchiesta per appurare cause e individuare responsabili. L’incidente per Piras è “la dimostrazione del rischio costante che si corre nelle aree interessate da esercitazioni ed attività militari”. E reclama una presa di posizione decisa da parte della Regione perché: “La Sardegna dal ’56 ad oggi ha già dato troppo agli interessi della Difesa e dell’Alleanza Atlantica. È giunta l’ora di cambiare radicalmente il senso di marcia”.

La dismissione ventilata, le bonifiche al palo. Da mesi il governatore Pigliaru chiede il ridimensionamento delle servitù militari dell’Isola: oltre 35mila ettari tra Capo Frasca, Teulada e il Poligono interforze sperimentale del Salto di Quirra, sulla costa orientale. Non ha firmato il protocollo d’intesa con la Difesa, ma di fatto le attività programmate non sono state modificate e i progetti sulla carta restano in piedi, come i due nuovi villaggi per le esercitazioni nel Sud Sardegna. E nel recente decreto legge 91 – sulla Competitività– si introducono addirittura nuove soglie di inquinamento, più alte, all’interno delle basi, portate al livello delle aree industriali. Per le associazioni ecologiste: “Un colpo di spugna alle bonifiche”.

Il “no” alle basi in una Sardegna divisa. Intanto la società civile si organizza, il 13 settembre ci sarà una manifestazione proprio davanti ai cancelli del poligono di Capo Frasca. Lanciata dagli indipendentisti di Progres, e dagli storici comitati popolari, sta raccogliendo via via adesioni. Il tutto in un’Isola divisa, in cui il fronte del “no” alle basi e ai veleni convive fianco a fianco a chi sostiene l’ingombrante presenza come fonte irrinunciabile di reddito e buste paga.

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