Furbetti del quartierino 2.0. Accantonati i vari Coppola, Ricucci e Zunino, quando gli italiani hanno a che fare con la casa, pur non essendo immobiliaristi e faccendieri di professione, continuano a dare ampia prova di creatività per pagare meno tasse. Tanto che negli ultimi anni si sono scoperti nuovi “business” nel mattone che, partendo dal presupposto che ‘sulla famiglia ci si può sempre contare’, sono al limite dell’abuso del diritto. Uno su tutti: il boom delle coppie che si separano solo sulla carta per pagare meno Irpef e l’intestazione dell’immobile ai figli minorenni per usufruire delle agevolazioni sulla prima casa. Insomma, il portafoglio oltre il cuore.

Partiamo dall’escamotage della crisi matrimoniali per convenienza. Una coppia sposata che sceglie di separarsi consensualmente ha un evidente vantaggio: alleggerire l’imposizione fiscale. I calcoli sono presto fatti. Un paio di anni fa il Caf Cisl di Pisa, dimostrò che nel caso di una famiglia con figli minori a carico, due immobili di proprietà (per entrambi è acceso un mutuo) e un imponibile di 33mila euro, si poteva arrivare a risparmiare anche 3mila euro all’anno. Se i due genitori decidessero, infatti, di separarsi legalmente e uno dei due andasse a risiedere nella seconda casa, su questo immobile si potrebbero portare in detrazione gli interessi passivi pagati sul mutuo. E, con l’uscita dal nucleo familiare di uno dei due coniugi, ci sarebbe anche un’evidente sforbiciata sull’Irpef e sulle addizionali comunali e regionali, grazie alla detrazione dal reddito dell’assegno annuale di mantenimento dei figli.

Del resto, il conteggio si basa tutto sullIsee, vale a dire l’indicatore di situazione economica equivalente. Così, se nel caso di una coppia sposata questo parametro viene calcolato su entrambi i redditi, con la separazione si determinerà un Isee più basso, perché basato sulle entrate di uno solo. E un indicatore basso equivale a un aumento delle prestazioni sociali agevolate per le famiglie con minori costi da sostenere per una serie di servizi come i ticket sanitari, la mensa scolastica, i sussidi scolastici e i libri dei figli.

Essere una famiglia monoreddito ha anche un altro vantaggio: risparmiare sull’Imu. Visto che dallo scorso anno i proprietari delle prime case sono esentati dal pagamento dell’imposta sugli immobili (inglobata nella Tasi), mentre resta in capo a tutti gli altri possessori di seconde case continuare a versarla, per i coniugi separati fittiziamente si apre la possibilità di non pagarla affatto. Questo perché, dal momento che l’Imu sulla ex casa coniugale è a carico del coniuge assegnatario (in genere la moglie), se si utilizza questo immobile come abitazione principale, si rientra nella casistica dell’esenzione. Con l’altro coniuge che, andando a vivere nella seconda casa delle vacanze, risulta ugualmente esentato, perché la casa diventerà la sua abitazione principale. I numeri certi sul fenomeno delle separazioni fittizie non ci sono, ma l’Istat spiega comunque che nel 2012 (dati diffusi a giugno 2014), se su ogni 1.000 matrimoni si contano 311 separazioni, la tipologia di procedimento scelta in prevalenza è perlopiù quella consensuale: 85,4% del totale

Nella scuola dei furbetti del mattoncino che si ingegnano per ottenere benefici fiscali, rientrano poi anche i genitori che decidono di intestare un immobile al figlio minore, non tanto per garantirgli un gruzzolo, quanto appunto per risparmiare sulle tasse. Detto che per procedere all’operazione serve l’autorizzazione del giudice tutelare (si tratta di un atto di amministrazione straordinaria in favore del minore il cui via libera può essere richiesto direttamente dal notaio, oppure al tribunale come atto di volontaria giurisdizione), è possibile per i genitori usufruire da subito dei benefici per l’acquisto della prima casa anche se possiedano già degli altri immobili. Si tratta del pagamento con aliquota ridotta al 3% dell’imposta di registro o dell’Iva e il pagamento in misura fissa a 168 euro delle imposte catastali o ipotecarie.

Evidenti, tuttavia, anche le controindicazioni del caso. “L’acquisto della casa da intestare al figlio minore è un tipico esempio di donazione indiretta”, spiega Domenico Cambareri, consigliere nazionale del Notariato che aggiunge: “L’atto potrebbe essere impugnato da un eventuale secondo figlio (nato anche da altri matrimoni) nel caso in cui i genitori non provvedano a donare anche a lui la stessa somma. Il minorenne – sottolinea ancora Cambareri – avrà poi piena proprietà della casa solo al compimento dei 18 anni. I genitori, a meno di non ritornare davanti al giudice e al notaio, non potranno quindi più disporre del bene”. E, dal momento che le agevolazioni fiscali sulla prima casa possono essere richieste una sola volta per una sola cosa, intestando una proprietà al minore, questi in futuro non potrà più richiederle per un’altra casa. Inoltre, se l’immobile venisse acquistato con un mutuo, il prestito non potrà essere portato in detrazione”. Come spiega, infatti, l’Agenzia delle Entrate, il bonus è ammesso solo per chi risulta contemporaneamente intestatario del contratto di mutuo e dell’immobile. E un minore non avendo reddito, non può risultare titolare di un finanziamento.

Infine, sempre in tema di dichiarazione dei redditi, va detto che fino al raggiungimento della maggiore età dell’intestatario, i genitori avranno l’usufrutto della proprietà e dovranno denunciare l’immobile tra le loro tasse, con l’immobile che risulta una seconda casa. A meno che non decidano di separarsi fittiziamente.

Articolo Precedente

Affitti, vademecum del Fisco per inquilini e proprietari. Ma il nero la fa da padrone

next
Articolo Successivo

Prestiti, la crisi spinge a comprare a rate anche i libri di scuola. Occhio ai contratti

next