Marcello Dell’Utri? “Una persona seria”. Vittorio Mangano? “Uno stracciuolo che fa il badante”, mentre per agganciare Silvio Berlusconi non c’era bisogno di passare dall’ex stalliere di Arcore. Sembra una scena di Belluscone, l’ultimo film di Franco Maresco che Forza Italia vorrebbe far sequestrare, e invece sono parole che arrivano dalla viva voce di Salvatore Riina, il capo dei capi, intercettato dall’agosto al dicembre del 2013 nel carcere di Opera mentre passeggia con Alberto Lorusso, il suo compagno di ora d’aria: più di milletrecento pagine di verbali, tutte depositate agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia.

È il 22 agosto del 2013 quando la Dia annota che Riina è rimasto deluso da Berlusconi, “di non averlo mai capito quest’uomo, però in qualche modo mi cercava, si mise a cercarmi, poi mi ha mandato a questo, per incontrarmi e mi cercava: perché l’ho messo sotto per il fatto di Palermo e gli abbiamo fatto cadere quattro o cinque volte le antenne e non lo abbiamo fatto più trasmettere. Quindi quando lui si veste di minchia di cimitero non scherza”. Riina si riferisce probabilmente all’estorsione da mezzo miliardo di lire all’anno compiuta da Cosa Nostra negli anni ’80 alla Fininvest. Poi il boss corleonese fa un passo avanti nel tempo: “C siamo arrangiati, a questo punto e non l’ho cercato più, io non l’ho cercato più. Poi quegli scimuniti di mio cognato (ovvero Bagarella ndr) e Giovanni Brusca mi hanno detto, che lo cercavano per cercare di parlargli, ma che cosa ci sono andati a parlare? Non l’ha capito Bagarella che era inaffidabile?”.

È il 26 settembre del 1993, quando Giovanni Brusca legge sull’Espresso la storia del vecchio lavoro da fattore di Arcore di Mangano. Una vicenda che Brusca non conosce, ma che fa comodo a Cosa Nostra, dato che lo stesso numero del settimanale racconta del nuovo partito che Dell’Utri sta creando, sponda ideale per l’associazione criminale orfana in quel momento di referenti politici. “Il paesano mio sangiusepparo (ovvero Brusca che è di San Giuseppe Jato), e mio cognato cercavano a Dell’Utri ma che ci dovevano dire a Dell’Utri? Ma sei stravagante, ma che ci vai a fare? Ma noi altri abbiamo bisogno di Giovanni per cercare a Dell’Utri? ” dice di nuovo il boss il 29 settembre del 2013. “Perché io stavo carcerato – spiega ‘u curtu arrestato il 15 gennaio del 1993 – perché se io ero fuori gli avrei detto: disonorati che non siete voialtri pure, più disonorati di lui che ci andate a cercare a questo?”.

A infastidire Riina è la scelta di Mangano come canale per essere introdotti da Dell’Utri e quindi da Berlusconi: secondo il boss infatti “se tu devi andare da Dell’Utri…ci andavano personalmente loro”. Anche perché a sentire sempre Riina “quello (ovvero Mangano, ndr) in una quarantina di giorni, cinquanta giorni c’è andato quattro volte, cinque volte a Canale 5”. In realtà dalle agende di Dell’Utri (agli atti del processo che ha poi condannato definitivamente l’ex senatore a sette anni di carcere per concorso esterno) risulterebbero solo due incontri con Mangano nel novembre 1993. Nei colloqui con Lorusso, il boss corleonese confida anche di non avere nutrito particolare stima per Mangano. Il motivo? L’incarico di stalliere, che secondo il capo dei capi non sarebbe degno di un uomo d’onore. “Questo (ovvero Mangano) si voleva avvicinare per salutarmi, gli ho detto: vai, vai gli ho detto vattene, allontanati. Non gli ho voluto parlare. Questo stracciuolo che fa il badante, che fa lo stalliere. Mi ha indispettivo questo fatto, stalliere” dice Riina il 20 settembre del 2013. “Certo, che ci vai a fare un’attività servile” lo incalza Lorusso. “Tu sei un mafioso, sei un mafioso” – continua Riina – “Questo allora che cosa è andato a fare là? Guardava le stalle, che faceva lo stalliere?” “Ho lo stalliere senza cavalli, ora ci compro pure i cavalli” risponde Lorusso, sorridendo. “E così poi si appoggiano a vicenda – continua il pugliese – Lo stalliere si appoggia ai cavalli e i cavalli si appoggiano allo stalliere e tutti si appoggiano a lui: a Berlusconi”.

Il riferimento è alla sentenza definitiva che ha condannato Dell’Utri: Mangano in realtà è l’uomo mandato da Stefano Bontate ad Arcore per proteggere la famiglia Berlusconi, che in quel momento temeva i sequestri di persona. Una mossa, quella del principe di Villagrazia, che dopo 40 anni continua a non piacere a Riina. “Se noialtri paesani, noialtri siciliani, siamo messi come sequestratori, tu Stefano (inteso Bontate) che disgraziato gli vai a dare lo stalliere?”. “Per guardargli i figli, per esempio” risponde Lorusso. Che poi continua: “C’era qualche rapporto secondario che manteneva questa situazione: il rapporto quale può essere? Essendo un imprenditore, allora, sono tutti soldi di investimenti, lecito. Vuoi dire che Berlusconi a Stefano Bontate non ci manteneva i soldi ma li investiva, li dava tutti per investire. E lui, che non si sa come abbia fatto miracoli, miracoli, miracoli: come ha fatto ad arricchirsi con quaranta milioni e passa, ecco che si spiega pure la ricchezza sua, immischiato con la politica”. “Forse erano amici, gli davano soldi, gli davano soldi, ci mettevano soldi, e quello costruiva per i fatti suoi” dice Riina, che però poi si fa prudente. “Tanto è vero che la voce c’era: io coscienziosamente non lo posso dire. Dicono questo, dicono. Lui investiva lì, loro là erano, il discorso sarà questo”. Nessun dubbio invece sulle qualità del principale braccio destro di Berlusconi. “Questo Dell’Utri è una persona seria” non manca di ricordare Riina il 29 settembre 2013. “Dell’Utri sa tutta la storia di Berlusconi” decreta Lorusso, e subito il boss corleonese conferma “la sa tutta, tutta”.

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