La conferma arriva direttamente dal ministero dell’Economia. Come da tempo ventilato, il governo si appresta a fare cassa mettendo sul mercato il 5% di Enel e il 4,3% di Eni. L’operazione, anticipata dal Sole 24 Ore, dovrebbe partire non oltre l’inizio di novembre e Pier Carlo Padoan, che in luglio aveva fatto capire di essere aperto all’ipotesi, conta di ricavarne una cifra intorno ai 5 miliardi di euro. L’accelerazione, decisa mercoledì durante un vertice in via XX Settembre, arriva due giorni dopo la tirata d’orecchie del Financial Times, secondo il quale l’Italia avrebbe perso “entusiasmo” sul fronte delle privatizzazioni. Da cui, stando al Documento di economia e finanza, dovrebbero arrivare quest’anno 12 miliardi. Il quotidiano britannico ricordava il “mediocre debutto di mercato, a giugno, della compagnia statale di cantieristica navale, Fincantieri” e la “marcia indietro” sulla quotazione di Poste italiane, che in realtà è ancora in agenda ma slitterà all’anno prossimo. Così come quella di Enav e Sace. Rinvii che il Ft attribuiva alla “diffidenza” degli investitori “dopo che i dati di questo mese hanno mostrato che la terza più grande economia dell’eurozona è risprofondata nella recessione nel secondo trimestre“. 

La procedura per la scelta dei consulenti legali e degli advisor finanziari che assisteranno il Tesoro verrà avviata “nei prossimi giorni”. La formula per la vendita dovrebbe essere quella della cessione a investitori istituzionali. Italiani ma naturalmente anche stranieri. Ed è facile prevedere che in prima fila ci saranno i fondi sovrani, a partire da quelli cinesi ormai massicciamente presenti nel capitale dei grandi gruppi nazionali. People’s Bank of China, per esempio, ha già quote di Eni ed Enel ma anche di Fiat, Telecom e PrysmianL’architettura dell’operazione dovrebbe prevedere la vendita dell’intera quota detenuta in Eni, pari appunto al 4,3%: con il 25,7% in mano alla Cassa depositi e prestiti e le nuove norme sul voto plurimo per gli azionisti di lungo periodo introdotte dal decreto Competitività, il controllo pubblico sul colosso petrolifero resterà inattaccabile. Per quanto riguarda l’Enel, l’ipotesi è di offrire al mercato una quota del 5%, ammontare che consente al Tesoro di mantenersi largamente al di sopra del 25%.

Piazza Affari non ha risposto con entusiasmo alle conferme del Tesoro. In un listino che ha ceduto il 2%, Enel ha lasciato sul terreno il 2,9% e Eni ha chiuso a -1,73%. Ai corsi di oggi, quindi, il collocamento del 4,3% dell’Eni varrebbe intorno a 2,9 miliardi, mentre il 5% dell’Enel porterebbe nelle casse dello Stato circa 1,9 miliardi. 

Enigate

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