Quella della scuola è la riforma più attesa. Gli addetti ai lavori, ma non solo, contano le ore che mancano al 29 agosto, giorno in cui il premier promette di stupire gli italiani. A scaldare il clima ci ha pensato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che dal palco del Meeting di Comunione e Liberazione, ha rilasciato abbondanti anticipazioni dei provvedimenti che venerdì il Consiglio dei ministri intende adottare: a partire dalla “abolizione delle supplenze”. E quello che non ha detto il ministro è trapelato da retorscena e informazioni direttamente da viale Trastevere: saranno circa 100mila i precari considerati “organico funzionale” che verranno assunti. Tra questi anche gli ultimi vincitori del concorso 2012 ancora senza cattedra. E per gli altri? L’enorme bacino di precari dovrebbe poter contare sulla possibilità di stabilità offerta da un concorso l’anno, a partire dal 2015. 

Al ministero si lavora ancora per definire le linee guida in un momento in cui gli uffici scolastici provinciali e regionali di tutt’Italia stanno procedendo come ogni anno alle nomine dei docenti neo immessi in ruolo e dei professori con contratto a termine. Un annuncio di riforma che arriva di fatto in ritardo rispetto all’inizio dell’anno scolastico. Mentre la Giannini, tra gli applausi di Cl, agita i 467 mila supplenti destinati a scomparire con la cancellazione delle graduatorie d’istituto, a beneficio della truppa dei precari iscritti alle graduatorie ad esaurimento, sotto il cielo del nuovo anno scolastico tutto rischia di partire con la stessa marcia.

Entro i primi giorni di settembre la maggior parte delle scuole partiranno con un organico assegnato di nuovo dallo scorrimento di una lista, e i bambini si ritroveranno non sempre i maestri dello scorso anno, con buona pace della continuità didattica. Basta andare sui siti degli uffici scolastici o fare, tra venerdì e sabato, una tappa nei corridoi degli ex provveditorati per rendersi conto che, almeno per i prossimi mesi, di rivoluzioni non ne vedremo. Forse, il governo Renzi avrebbe dovuto mettere la riforma in agenda a giugno, quando è suonata l’ultima campanella, non certo ora che si riaprono le aule.

Intanto i più giovani prof e maestri non riescono a immaginare il loro futuro dietro ad una cattedra dal momento che non potranno più accumulare punti per progredire nelle graduatorie. A risolvere il problema potrebbe pensarci il nuovo concorsone targato 2015, ma per ora non vi sono dati certi su quanti insegnanti potrebbe assorbire. Anche perché secondo i calcoli dei ministri dei governi precedenti, solo dal 2017 si aprirebbero delle finestre grazie ai possibili pensionamenti. Un dato che dovrà fare i conti con il fatto che se le cose non si modificano, nel 2020 avremo 60.000 alunni in meno, che equivalgono a 2.200 classi.

La Giannini parla della scuola del merito dove “sarà premiata l’attività positiva, anche con aumenti di stipendio e penalizzato chi non fa il suo dovere”. Un’indicazione che è ancora tutta da chiarire (perché metterla in pratica non è semplice e l’organismo di controllo ancora non c’è). E comunque non basta. La Fondazione “Giovanni Agnelli”, che al tema ha dedicato il suo ultimo dossier, da qualche tempo richiama la politica alla necessità di cercare il consenso degli insegnanti.

Il ministro tra l’altro non ha toccato il tema Invalsi da sempre al centro delle critiche e passibile di modifiche come ha più volte affermato il presidente dell’Istituto di valutazione, Anna Aiello. La cifra di un miliardo, dall’ altro canto, non può bastare per aumentare gli stipendi di 750 mila insegnanti e così i docenti italiani continueranno ad essere, con ogni probabilità, i meno stipendiati d’Europa. I più attenti avranno colto anche l’assenza, nella “rivisitazione rivoluzionaria” dell’istruzione, di alcune parole chiave che hanno animato il dibattito in questi anni: revisione degli organi collegiali, educazione civica o alla cittadinanza e dispersione scolastica. Le anticipazioni fatte al Meeting non lasciano spazio a queste tre questioni.

Il ruolo dei genitori nella scuola, da tempo arginato in forme di partecipazione ormai arcaiche, sembra essere uscito dall’agenda del ministro così l’educazione civica. La Giannini vuole, giustamente, più ore di musica e storia dell’arte; inglese e informatica dalle elementari ma sulla partita della didattica sembra essersi scordata dell’importanza dell’educazione alla cittadinanza che aveva rispolverato persino Maria Stella Gelmini. Infine è la stessa rivista specializzata Tuttoscuola che tra le sei idee “per rilanciare la scuola e contribuire alla crescita del Paese” richiama il governo al tema degli abbandoni scolastici.

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