A proposito delle riforme istituzionali sequestrate dal governo Renzi, ci sembra che la denuncia di deviazione autoritaria imposta a tappe forzate e sulla base di patti segreti, trascuri fin qui l’attacco specifico alla democrazia economico sociale in ogni suo punto. La nostra passata esperienza sindacale e politica, ci ha da subito indotti ad allargare la discussione in corso – anche quella sintetizzata nei 10 punti del Fatto Quotidiano – concentrandoci sulla prevalenza che nella “riforma” vengono ad assumere gli interessi dei vari gruppi economico-finanziari, anche a fronte della crisi del sindacato e della sinistra e al contemporaneo affievolirsi di un impegno politico-culturale rivolto ad un fiducioso coinvolgimento di massa.

Nella trasformazione del Senato in una non elettiva “Assemblea di notabili” è implicita la riduzione dell’autonomia delle forze politiche del Parlamento, con tanto di restrizione del governo parlamentare posto alla base della concezione integrale della nostra Carta per assicurare l’interdipendenza tra principi fondamentali e la garanzia dei diritti civili politici-economici-sociali. Di conseguenza, deriva la minor efficacia dell’autonomia delle forze organizzate sindacalmente, il cui pluralismo unitario ha avuto alle spalle il principio di “proporzionalità” previsto nell’articolo 39: che rapporto avranno le organizzazioni dei lavoratori con istituzioni rappresentative di seconda nomina o largamente designate? Prevarranno sindacati surrogati dai leader, in una democrazia delle elites in cui la rappresentanza va dall’alto in basso, con un ulteriore colpo alla sovranità popolare.

La Costituzione è un tutto organico e i suoi organi sono espressi in funzione dei principi fondamentali contenuti nella sua prima parte, che assicura quei diritti e poteri civili – politici – economici e sociali irrefutabilmente connessi tra loro, cui corrisponde la democrazia nei luoghi di lavoro, la piena rappresentanza in parlamento e la forma di governo parlamentare. Gli sbarramenti elettorali, l’attacco al Senato e la sua non eleggibilità, la designazione dall’alto dei deputati, l’occhiolino al presidenzialismo, la leggerezza con cui Renzi vorrebbe rottamare anche lo Statuto dei Lavoratori, sono tutti volti a ridurre gli spazi della democrazia rappresentativa di una società complessa. Il pretesto contemplato dai disegni in atto nell’Ue di abolire il bicameralismo “eguale” come causa di “lentocrazia”, contribuisce ad emarginare il potere costituzionale del lavoro, accodandosi ai moniti di Draghi, che sollecita “revisioni istituzionali” – sempre sulla pelle dei lavoratori e dei pensionati – a copertura e rinvio di riforme di economia sgradite a industriali e banchieri.

Lo vuole la Ue” si dice. Ma la Ue sta adottando ricette così paradossali, da chiedere di contabilizzare nel Pil le attività illegali (prostituzione, commercio di stupefacenti, commercio di armi, tratta di organi) senza valutare che si stanno investendo aspetti sostanziali della convivenza. No representation without taxation non vale più! E converrà chiudere un occhio su queste attività pur di stare all’interno dei parametri imposti dalla Ue, dato che il denaro non ha odore…

La crisi è devastante anche nei valori e noi sentiamo il bisogno del rilancio degli obbiettivi “emancipatori”, di una società guidata dai principi di democrazia economico-sociale. Per ciò, va riaperto il dialogo con istituzioni promosse dal basso, con rappresentanze democratiche della società in sostituzione delle lobby (e qui la democrazia nei luoghi di lavoro riprende tutta alla sua essenzialità) e, con spirito innovatore, anche con quelle correnti di ceto medio vittime anch’esse della artificiosa distinzione tra diritti sociali e diritti individuali, pagati duramente dai lavoratori.

Vorremmo ricordare che nella legge di “revisione” è già stata introdotta di soppiatto l’alterazione della forma di governo parlamentare, sia mediante il “monocameralismo” sia mediante il ricorso ad un metodo discriminatorio tra governo e parlamento. Infatti, nel silenzio omertoso di quanti dicono di essere contro la deriva autoritaria– media, opinionisti  e tanti giuristi, al rigo 27 dell’art. 12 come suggerito da Salvatore d’Albergo – si è assegnato al governo e al suo “capo”,  il potere di chiedere alla Camera , di deliberare che un disegno di legge, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo, sia iscritto con priorità’ all’o.d.g e sottoposto alla votazione finale entro 60 giorni dalla richiesta (come fosse un “decreto”).

Tutto ciò deve risultare chiaro, ma è reso incomprensibile in uno scontro tra governo e opposizione in cui non ci si batte per la difesa integrale dei valori sociali della Costituzione democratica antifascista, ma ci si ostina a invischiarsi in artifici giuridici, pur di eludere il fatto che la Carta  è nata come patto unitario, in base ad  una concezione integrale per l’interdipendenza tra principi fondamentali e l’esercizio non solo dei diritti civili, ma anche di quelli economici e sociali, continuamente messi in discussione dai poteri forti che puntano ad esautorare la funzione di rappresentanza dei cittadini nel Parlamento.

a cura di Mario Agostinelli e Angelo Ruggeri  (Mov. Ant. Naz. Difesa e Rilancio della Costituzione  e  appartenenti al “Comitato dei 100 più 100″ promotori del documento “per la stabilizzazione dei valori sociali e la difesa integrale della Costituzione di democrazia-economico-sociale-politica”)

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