Le parole dell’onorevole Di Battista sull’Isis, sul suo ruolo, sulle strategie più opportune per contrastarlo non mi hanno convinto, nel metodo e nel merito. Questioni così delicate andrebbero affrontate con grande rigore ed evitando espressioni che possano dar luogo a equivoci e a strumentalizzazioni, soprattutto in un paese come il nostro dove il terrorismo è stato una drammatica realtà e dove la discussione sul suo eventuale riconoscimento ebbe i caratteri della tragedia.

Proprio perché non ho condiviso modi e toni della sua esternazione, trovo ancora più intollerabile la campagna trasversale, mediatica e politica, tesa a reclamare le sue dimissioni da vice presidente della commissione Esteri perché “incompatibile con il ruolo”.

Chi urla e strepita potrebbe presto scoprire di aver segato il ramo dove stanno seduti ben altri incompatibili. E’ compatibile con l’ordinamento democratico che un condannato in via definitiva discuta di riforma costituzionale? Sono più pericolose le frasi “in libertà” di un parlamentare o le azioni di un ex cavaliere che, mentre frequenta i servizi sociali, assicura i voti determinanti per cambiare la legge fondamentale di uno Stato democratico?

Ai viventi la non ardua sentenza.

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