Immaginatevi la scena: aprite il computer e vi arriva un messaggio via Facebook in cui una ragazza, che non conoscete, vi avvisa, per carità cristiana, che c’è qualcuno, che chiameremo Mario L., che sul proprio profilo Facebook ha messo la vostra fotografia, invece della sua. Immaginatevi di precipitarvi su quella pagina e leggere che effettivamente “Mario L. ha cambiato la sua immagine sul profilo” e ha messo la vostra, perfettamente riconoscibile. Dunque chi va su quella pagina vede che Mario L. siete voi e non lui, cioè ha quella faccia lì che però è la vostra. Immaginatevi anche che quella ragazza aggiunga, per dovizia, che tale Mario L. l’ha importunata tanto da spingerla a definirlo “un perverso da denuncia”.

Ecco. Tre secondi di narcisismo, due domande e un’azione. I tre secondi di narcisismo sono comprensibili: quel tale pensa di cuccare con la vostra faccia. Accidenti, e pensare che voi non lo credevate di voi avendocela! Botta di autostima. Poi subito dopo, drammatiche, le due domande: ma ce l’avrà fatta? Con la mia faccia si cucca? The answer is blowing in the wind. E poi l’azione: compilate in un centesimo di secondo il format di reclamo per segnalare a Facebook che il tale, bell’imbusto un po’ perverso e paraculo, sedicente laureato alla Sapienza di Roma e di mestiere imprenditore, usa la vostra immagine invece della sua. Cioè il nome è il suo, ma la foto è la vostra.
Attimi di attesa. Poi, ecco la rapida risposta di Facebook: “Abbiamo analizzato la tua segnalazione (…) Abbiamo controllato il diario che hai segnalato perché finge di essere te e abbiamo riscontrato che rispetta i nostri standard della comunità”.

Dunque, signori di Facebook, grazie della chiarificazione. Assumiamo quindi oggi ufficialmente che un tizio qualunque, che sia Hannibal Lecter o il pirla di Quartoggiaro, può mettere come “sua immagine del profilo” (come voi la chiamate con responsabile utilizzo degli aggettivi possessivi), la vostra foto invece della sua, con la spiacevole conseguenza che un giorno, camminando placidamente per strada, verso le 18,15 immagino, una donna avvenente e di spirito, molestata da Mario L., potrebbe pararvisi di fronte e sputarvi in un occhio perché vi ha riconosciuto come l’artefice di chissà quale odioso stalking, e per soprammercato il fabbro ferraio che la accompagna, suo marito, con mani grandi come palanche da carpentiere, potrebbe spalmarvi la faccia sul vicino muro intonacato di fresco a cemento e pozzolana, rugosissima, senza che voi possiate prendervela con nessuno, perché questa conseguenza, anch’essa, “rispetta i nostri standard della comunità”.

Carissimi signori di Facebook, e segnatamente, nell’ordine, il responsabile legale della società e tutti quelli che ne discendono, dal capo degli affari legali fino al direttore delle relazioni esterne… occhio. State molto, ma molto attenti, perché se la suddetta signorina e il suddetto fabbro mi si parano innanzi uno di questi giorni io vi faccio passare un guaio che neanche avete idea. Ve lo faccio passare io e qualche migliaio di persone che potrebbe testimoniare la stessa disavventura patita. Occhio, dunque, perché le epoche stanno cambiando, e alle castronerie di manager annoiati e infoiati di stock options si sta ormai contrapponendo un’insorgente ma non meno concreta e pericolosa insofferenza popolare, che potreste dovervi rammaricare di aver aizzato con le stupidaggini a cui credo vi porti quotidianamente l’ignoranza e la superficialità. Difetti che ho la moderata certezza che non abbiano il mio avvocato e molti altri aderenti all’albo, che anzi, si fregano già le mani, in tutto simili a quelle che il fabbro ferraio potrebbe fregare sulla mia faccia. Dunque, last call… occhio!

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