Nella tarda mattinata di ieri sono rimasto vittima di un danneggiamento, proprio nel mio comune d’origine, San Giovanni in Fiore (Cosenza). Lì avevo raccontato fatti della politica calabrese, mercoledì scorso, in un dibattito sull’arroganza del potere e il coraggio di informare. Il parabrezza della mia auto, una Fiat Bravo, è stato tagliato circolarmente con un arnese, lacerato, finito. Il lavoro sarà stato rapido e silenzioso. Avevo parcheggiato dietro casa dei miei, dove sono rimasto per circa un’ora e mezza.

Finora nessuno ha visto, scorto, sentito. Ieri non c’era nessuno per le vie di San Giovanni in Fiore, dopo il Ferragosto e il sabato di ponte. Qualche residente ha provato a qualificare l’accaduto come atto vandalico. Può essere che, per smaltire la sbornia di mezza estate, un adolescente inquieto si sia improvvisato incisore, prendendosela con un simbolo dell’Italia in partenza, cioè una vettura di Marchionne. Può darsi che il vetro si sia punito da sé, riconoscendosi una qualche insufficienza, debolezza, solitudine. Si escluda – in Calabria così è, se vi pare – che l’autore sia adulto. Il vandalismo – di questo si dovrebbe trattare, insistono degli abitanti – è giovanile per statuto. L’avrà scritto Giuliano Ferrara nei “Baci”, col probabile disappunto di Corrado Alvaro.

L’ultima ipotesi, direi da scartare, è l’atto di ritorsione verso un giornalista scomodo. Ci sono almeno due buone ragioni per sostenerlo. La prima è che in Calabria non ci sono avvertimenti, spettanti invece alle società di recupero crediti. La seconda è che io scomodo non sono, poiché scrivo e lavoro seduto per bene.

Ciononostante, Assotutela ha deciso di organizzare una fiaccolata di solidarietà nei miei riguardi. Sarà il 21 agosto, alle ore 18 a San Giovanni in Fiore. Subito si sono mobilitati attivisti antimafia – anzi «anti-Murphy» (dalla nota legge), altrimenti s’offendono onore e reputazione del posto –, condividendo su Facebook la notizia, una solidarietà preoccupata e un forte incoraggiamento al sottoscritto.

Questa vicinanza corale, segno di una certa stima in rete, mi ha commosso e sollevato. Nel contempo, però, ha riproposto un vecchio problema, che provo a sintetizzare in due parole. Fuori della mia città d’origine – a Crotone come a Varese, a Palmi come a Pordenone – sono seguito e forse anche apprezzato: per quel poco che scrivo, dico, manifesto. A San Giovanni in Fiore, in cui ho vissuto metà della mia vita, il potere mi giudica un esaltato, esagerato, opportunista. È la nota storia del «professionismo dell’antimafia», con cui parte della politica calabrese chiude il discorso sulla realtà quotidiana.

A San Giovanni in Fiore tutto diventa locale, casuale, normale. Io non voglio scorte né corte ma un giornalista deve essere ammazzato perché le istituzioni municipali esprimano sdegno e magari una punta di riconoscenza per un’eventuale difesa della cosa pubblica da abusi del potere? 

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