“Mi dispiace, mr. Wilkinson, ma lei è un gufo: an owl nella sua lingua d’origine”. Matteo Renzi, si sa, non guarda in faccia a nessuno e ora gli tocca aggiornare il suo cahier de doléances ornitologico: David Wilnkinson, ingegnere di formazione e dirigente della Commissione Europea per lavoro, è stato nominato a Bruxelles Commissario generale proprio per Expo 2015, nel quale la Commissione dovrebbe avere un padiglione, e il 1 agosto ha scritto una letteraccia piena di critiche alla gestione dell’esposizione universale di Milano e relativi ritardi nei lavori. All’ombra del Duomo ha fatto un certo rumore, ma finora non è stata resa pubblica.

Ora, siccome mercoledì il premier ha indetto il “No gufo day” per il primo maggio del 2015 – data prevista per l’inaugurazione – proprio contro quelli che insistono sui ritardi di Expo, Wilkinson va aggiunto senz’altro alla lista. A parte le ossessione scaramantiche del premier, la lettera è un duro atto d’accusa: destinatari sono Diana Bracco e Giuseppe Sala oltre all’ambasciatore italiana presso l’Ue Stefano Sannino, notoriamente in ottimi rapporti col consigliere diplomatico di palazzo Chigi, Armando Varricchio. Più formali di così non si può: figuraccia continentale.

“Vi scrivo per esprimere la mia grande preoccupazione riguardo ai ritardi di costruzione del padiglione dell’Unione europea nell’area del Cardo”, attacca subito Wilkinson, che poi fa un gustoso racconto sul modello “Viaggio in Italia” tanto caro ai suoi connazionali di secoli addietro: il 7 luglio sono venuto da voi e con la dottoressa Bracco abbiamo illustrato il nostro meraviglioso programma ai giornalisti; a Roma addirittura – in occasione dell’inaugurazione del semestre italiano di presidenza Ue – il mio vice (l’italiano Giancarlo Caratti) lo ha illustrato alla stampa straniera. E invece? Disastro: “Mi sono recato a visitare il sito il 29 luglio e ho purtroppo constatato che i lavori non sono nemmeno cominciati, né mi è stata comunicata con precisione la data di inizio. I servizi tecnici del Padiglione Italia mi hanno inoltre informato che il crono-programma del Cardo prevede la consegna del manufatto rustico del padiglione dell’Ue solo il 28 febbraio 2015”. Ma come? Si chiede Wilkinson : il 20 giugno ne avevamo parlato e avevate detto che al massimo il 15 novembre ce lo avreste consegnato. Risultato: “A queste condizioni non sarà tecnicamente possibile per le nostre imprese completare le opere di finitura, decoro, montaggio, messa in servizio, collaudo e certificazione delle attrezzature secondo i progetti”.

(video di Francesca Martelli)

La conclusione è di quelle vagamente minacciose: “Trattandosi di una situazione di emergenza che mette a rischio la qualità della partecipazione dell’Unione europea a Expo 2015, con evidenti e molteplici ripercussioni, v’invito a intervenire urgentemente”. Firmato: David Wilkinson, gufo. Così stavolta il presidente del Consiglio non dovrà chiedersi “Bruxelles chi?” come ha fatto ieri a proposito delle critiche sui fondi comunitari.

L’ingegnere britannico non è comunque l’unico a lamentarsi dei ritardi: ieri Renzi ha giustamente festeggiato perché la Turchia sembra aver cambiato idea e deciso di partecipare a Expo 2015, ma molti altri Paesi si stanno mettendo le mani nei capelli per averlo fatto. Dei ripensamenti della Svizzera Gianni Barbacetto ha scritto sul Fatto già a maggio, quando le cronache erano piene di notizie sulla “cupola degli appalti” di Expo, ma la situazione non pare sia migliorata: lamentele sono arrivate dalla Francia; altre nazioni – come gli Emirati Arabi – stanno ridimensionando il livello della loro presenza perché i ritardi rendono impossibile realizzare i progetti originari; i tedeschi, che stanno già lavorando al loro padiglione, di fronte al continuo rinvio sulla fornitura di servizi essenziali come l’elettricità hanno deciso di fare da soli e vanno avanti coi generatori (e una rilevante incazzatura).

In tutto questo la voce del governo – che dovrebbe provenire dal ministro delegato Maurizio Martina – è invece solo quella di Renzi, che non è chiaro quanto sappia della situazione nei particolari: ieri, in ogni caso, ha giustamente elogiato i 1.300 operai che lavorano dalle 6 di mattina alle 2 di notte per riuscire a farcela in tempo (“e ce la faremo”, ribadiva ossessivamente il premier). I dati di fatto, però, sono che non è finita nemmeno la bonifica dei terreni (è al 91%) e i lavori della piastra – cioè la base fisica e tecnologica – sono fermi al 70%. I lavori nei singoli padiglioni, pare, inizieranno a settembre. Se va bene (e andrà bene, siamo sicuri, mica vogliamo finire tra i gufi come Mr Wilkinson).

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