L’economia tedesca rallenta. Domani saranno rese pubbliche le stime sull’andamento del Pil della Germania nel secondo trimestre dell’anno in corso e tutti si attendono un dato negativo. Qualcuno addirittura tema che quest’anno il tasso di crescita tedesco possa azzerarsi, fino a poco tempo fa si parlava di una crescita pari al 2 per cento per il 2014.

In realtà ci sono vari dati positivi per l’economia tedesca. Da alcuni anni l’occupazione cresce e il tasso di disoccupazione è sceso al 5 per cento, un tasso insomma molto basso. La competitività dei prodotti tedeschi cresce da anni. Il bilancio pubblico è in sostanziale pareggio e il debito pubblico è all’80 per cento del Pil, molto meno del 134 per cento dell’Italia.

Nel 2013 la Germania ha accumulato un avanzo di bilancio corrente pari al 7,5 per cento del Pil, si tratta di un record storico e di un record mondiale: nessun altro paese al mondo ha un avanzo così grande in proporzione al Pil, neanche la Cina.

Un avanzo commerciale tuttavia si associa sempre a un eccesso di risparmio interno e a un basso livello di investimenti, questa è una identità contabile. Infatti, in Germania gli investimenti in rapporto al Pil sono scesi dal 21,5 per cento nel 2000 al 17,2 nel 2013. In generale, la domanda interna tedesca cresce poco e questo si ripercuote su tutta l’Area dell’euro, di cui la Germania rappresenta il 30 per cento.

La Germania ha fatto molte riforme coraggiose a cominciare da quella del mercato del lavoro che sta dando ottimi frutti. Ma ha impostato la crescita secondo una strategia di “Beggar-thy-neighbour” (politica del rubamazzo): perseguire un avanzo commerciale così ingente significa arricchirsi ai danni degli altri paesi vicini.

Si vendono molti prodotti negli altri mercati, si tiene bassa la domanda interna e si importano, quindi, pochi prodotti dai paesi partner.

Non solo. Ma le imprese tedesche in questi anni hanno beneficiato molto del fatto che la moneta unica impedisse ad altri paesi europei di svalutare (Italia in primis) e che il cambio dell’euro nei confronti delle altre valute fosse più basso di quello che sarebbe stato il cambio del marco tedesco. Il tasso di cambio dell’euro è fissato dal mercato ma è chiaro che sia una sorta di media tra le condizioni tedesche e quelle degli altri paesi dell’Area dell’euro. Visto l’avanzo commerciale della Germania, se oggi ci fosse il marco questo si rafforzerebbe moltissimo nei confronti delle altre valute e renderebbe molto più difficile esportare Bmw, prodotti chimici, macchine Leica, etc.

Questa strategia di crescita “export led” che è sensata per un paese piccolo è dannosa se a seguirla è il principale paese dell’Area dell’euro. La Germania cresce ma cresce anche a danno degli altri partner e in secondo luogo si espone molto all’andamento della domanda mondiale.

Così in una situazione di generale rallentamento delle crescita in gran parte delle regioni mondiali; in una fase di grande incertezza legata ai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e in presenza di cambiamenti nelle strategie della Cina che sta seguendo politiche non più di crescita ad ogni costo ma di “crescita di qualità” la Germania fatica a vendere i suoi prodotti, soprattutto i beni capitali e i mezzi di trasporto. Rallenta il mondo, rallenta la Germania, rallenta l’Area dell’euro.

L’Area dell’Euro in realtà potrebbe puntare su una crescita autonoma, auto-propulsiva, come fanno gli Stati Uniti che infatti non hanno surplus di bilancia corrente e non puntano sull’export.

Questo è il punto. Va cambiato il modello di crescita dell’Area dell’euro.

Alla Merkel non va chiesto di chiudere un occhio sullo sforamento italiano del 3 per cento, ma va chiesta una nuova politica economica domestica. La Germania deve assumersi la responsabilità che le compete di “locomotiva” europea e per farlo deve far crescere la propria domanda interna. Per riassumere:

1. I salari tedeschi devono crescere di più, e questo spiega perché il Capo economista della Bundesbank, Jens Ulbrich, abbia chiesto alle parti sociali in Germania di puntare su aumenti salariali del 3 per cento (e abbia fatto arrabbiare molti imprenditori tedeschi), Ulbrich è consapevole che bisogna rilanciare la domanda interna;

2. Devono crescere gli investimenti tedeschi. Quelli pubblici ad esempio. La Germania dovrebbe aumentare i propri investimenti in infrastrutture. E in capitale umano. La recente indagine Ocse su livelli di competenze degli adulti in età da lavoro mostra che gli adulti tedeschi sono appena sopra la media europea per la “numeracy” (competenze matematiche) ma sotto la media europea per la literacy (competenze linguistiche), quindi risultati molto deludenti per una delle economie leader del mondo.

3. La Bce deve avere più coraggio. Serve una politica di alleggerimento monetario (quantitative easing) come quella che stanno adottando la Fed, la Bank of England e la Bank of Japan.

4. Il vero rischio all’orizzonte è che il rallentamento tedesco si traduca in una nuova recessione europea e questo provochi davvero una deflazione, visto che i prezzi in Europa non crescono (tasso di inflazione allo 0,4/0,5 per cento su base annua)! una deflazione ora sarebbe davvero la catastrofe soprattutto perché renderebbe molto costoso e drammatico la riduzione del debito per i paesi come l’Italia.

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