Un vero e proprio terremoto. E ora è giunto il momento di contare i danni. La crisi dell’azienda siderurgica Lucchini, in amministrazione straordinaria dal 12 dicembre 2012, ha generato su tutta Piombino (circa 35mila residenti) pesanti contraccolpi sia dal punto di vista economico che sociale. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, durante il meeting scout di San Rossore, ha annunciato la firma a giorni dell’acquisizione da parte del tycoon indiano Jindal e la questione è stata anche al centro del colloquio tra il capo del governo e il premier di Nuova Delhi Modi sulla vicenda dei marò.

Intanto, però, la “grande fabbrica” che per tanti decenni ha garantito sviluppo e occupazione adesso si trova in ginocchio (il colpo finale è stato lo spegnimento dello storico altoforno Afo4) e costringe il territorio a fare i conti con un vero e proprio “effetto domino“. A farne le spese sono soprattutto le tasche dei dipendenti diretti Lucchini (2200 in contratto di solidarietà con un taglio medio dell’orario lavorativo pari al 60%), i lavoratori dell’indotto (decine di ditte a rischio chiusura) e di riflesso l’intera economia cittadina. “A essere in difficoltà sono gli operai della Lucchini ma più in generale i lavoratori dell’intero territorio” precisa Leonello Ridi, responsabile della Caritas diocesana di Piombino e Massa marittima. La situazione sta progressivamente peggiorando: “Negli ultimi mesi le persone richiedono sempre di più generi alimentari o vestiario. Negli anni precedenti ci veniva invece richiesto un aiuto per il pagamento di bollette o affitti”.

Ovviamente non è facile fare i conti con una situazione del genere: “Qualcuno si vergogna di venire da noi in prima persona e così ci invia la richiesta attraverso terzi oppure si presenta quando c’è meno gente”. Nel 2013 sono state circa 750 le persone che si sono rivolte alla Caritas locale: “L’80% di questi risiede nel territorio piombinese: la crisi della siderurgia ha causato una vera e propria impennata”. Si è ribaltato anche il rapporto tra italiani e immigrati: “Adesso – prosegue sempre Ridi – il 60% di chi si rivolge a noi è italiano. Negli anni passati le cose andavano assai diversamente”. Il responsabile della Caritas ci tiene però a sottolineare il “grande senso di solidarietà emerso sul territorio”: piccoli e grandi commercianti hanno infatti sempre cercato “di dare un aiuto”. Lo stesso mondo del commercio ha però dovuto fare i conti con la crisi dell’azienda bresciana. “Un censimento della Fiom effettuato a Piombino lo scorso febbraio – rende noto il coordinatore delle rsu Mirko Lami – ha rilevato 96 negozi con tanto di cartello ‘vendesi’ o ‘affittasi’. La situazione sta peggiorando”.

Il sindaco Pd Massimo Giuliani, ex assessore al bilancio della giunta Anselmi, ammette “il duro colpo” subìto dalla città ma tuttavia non si rassegna: “Piombino adesso è più debole e economicamente più povera, è vero, circola meno moneta. In tutta il comprensorio della Val di Cornia ci sono 3600 lavoratori che usufruiscono di paracaduti sociali e molte ditte dell’indotto rischiano la chiusura. Siamo in crisi, non depressi: c’è tutto l’orgoglio, la volontà e soprattutto le competenze per ripartire”. Ma non c’è nessuna “fuga dalla città”, assicura il sindaco: “Niente affatto. Negli ultimi due anni abbiamo registrato soltanto un lieve calo delle nascite”.

Che ne pensano le giovani generazioni di questo clima di generale incertezza? Padre Carlo Uccelli, da 28 anni alla guida della Vergine Santissima del Rosario, è conosciuto in città come “il prete della Lucchini” perché la “sua” parrocchia si trova nelle vicinanze dello stabilimento siderurgico: “Molti ragazzi decidono di lasciare la città perché non vedono più le prospettive garantite dal passato. E c’è anche chi decide di andare all’estero. Conosco molti operai che non ce la fanno a pagare il mutuo. Cosa ha significato la Lucchini per Piombino? E’ stata tutto, perchè ha garantito un lavoro sicuro e quindi il pane. Adesso tutta questa sicurezza non c’è più”. Il parroco non risparmia infine una frecciata ai sindacati: “La colpa per questa situazione è anche un po’ loro. Si è voluto difendere per troppo a lungo l’esistente (l’altoforno, ndr) senza preparare piani alternativi. Non possiamo fare a meno di diversificare: bisogna cambiare mentalità e essere pronti a voltar pagina. Agricoltura e turismo possono rappresentare un fattore importante di rilancio”.

Il futuro del secondo polo siderurgico nazionale a ciclo integrale dopo Taranto si deciderà nei prossimi giorni. Oggi è il Financial Times che sottolinea come l’operazione con gli indiani sia alle fasi finali “segnalando un rinnovato interesse internazionale nel rinascente mercato europeo dell’acciaio”. Secondo il quotidiano economico britannico il gruppo Jsw verserà una “somma simbolica”, in quella che “sarebbe la sua prima mossa per l’ingresso in Europa”. Secondo una fonte interpellata dal Ft, “Jsw comprerà Lucchini, ma non ci sarà un grosso investimento”. L’impatto occupazionale? Nelle settimane scorse si era parlato di almeno un migliaio di esuberi. La strada per costruire un nuovo futuro per Piombino è solo agli inizi.”Il piano di Sajjan Jindan – ricorda Giuliani – dovrebbe permettere il riassorbimento di circa un terzo della manodopera Lucchini. Stiamo perciò lavorando per sviluppare nuove opportunità occupazionali”. Il punto di partenza è l’accordo di programma del 24 aprile scorso per la riqualificazione e la riconversione del polo piombinese che stanzia circa 250 milioni di euro per siderurgia e porto (una parte importante di questo puzzle riguarderà il capitolo bonifiche). All’orizzonte potrebbe esserci un polo per la rottamazione del naviglio militare ma anche una centrale a carbone (il progetto da 1 miliardo di euro è della B&S Global Energy) da 900 megawatt. “Piombino – prosegue il primo cittadino – ha una posizione estremamente strategica, dispone di un porto con grandi potenzialità e di aree retroportuali vastissime. Servirà tempo e pazienza, ma ce la faremo”.

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