Tra gli imprenditori che, seguendo il filo del Colaninno-pensiero, gli italiani dovrebbero ringraziare per aver salvato Alitalia, non una, ma tre volte, c’è anche Marco Tronchetti Provera. O meglio, gli azionisti della Pirelli & C, perché tanto quanto il patron della Piaggio anche l’ex presidente di Telecom il suo ruolo negli ultimi sei anni di storia della ex compagnia di bandiera, l’ha giocato non con beni personali, ma attraverso una società quotata.

E, come la Immsi di Colaninno che in Alitalia ha già bruciato oltre 100 milioni di euro, la società degli pneumatici è tra i pochi superstiti dei 21 patrioti di Silvio Berlusconi e Corrado Passera che nei giorni scorsi ha deciso di investire altro denaro nella compagnia aerea. Con buona pace dei soci di minoranza i quali, dopo aver visto sfumare una cinquantina di milioni nel vettore, dovranno digerire il nuovo assegno da 10 milioni che Pirelli (come Immsi) ha deliberato di staccare nei giorni scorsi per traghettare Alitalia nelle braccia di Etihad.

Con la differenza, rispetto a Colaninno, che il ragioniere di Mantova di Immsi ha in mano più del 50%, mentre a conti fatti Tronchetti di Pirelli, pur essendone presidente e amministratore delegato, possiede in trasparenza solo il 5,1% passando attraverso ben 4 scatole societarie, tre delle quali condivise a vario titolo con famiglie amiche e banche finanziatrici del peso di Intesa e Unicredit, forse l’unico anello di congiunzione che ci possa essere tra la società che fa pneumatici e l’Alitalia, della quale i due istituti sono azionisti e creditori.

La penultima, quella che ha in mano la partecipazione di maggioranza relativa in Pirelli, Camfin, è invece in comproprietà con i russi di Rosneft, il cui numero uno, Igor Sechin, insieme alla società petrolifera russa, figura tra i sanzionati della prima ora dalle autorità Usa (non da quelle Ue) in seguito alle rivolte filorusse in Ucraina. E che così finirà col diventare, indirettamente, uno dei soci della nuova Alitalia. Pirelli, che ha appena accolto l’ex Kbg nel suo consiglio di amministrazione, aveva del resto bisogno del nuovo azionista forte che fattura cento miliardi di dollari l’anno: il gruppo degli pneumatici a giugno ha registrato un utile semestrale in crescita del 28,5% a 192 milioni su un fatturato in calo del 3,3% a 2,98 miliardi, ma ha un indebitamento di 1,935 miliardi di euro.

Una situazione che senz’altro le banche monitorano da vicino. Tanto più che è da loro e dal fondo Clessidra che Rosneft ha rilevato la partecipazione in Camfin. A differenza di Clessidra, però, le due banche non sono uscite dal capitale della società, ma sono appunto rimaste azioniste dell’anello superiore della catena. Segno insomma che gli istituti di credito restano a presidiare il campo. Come del resto è accaduto nel caso Alitalia dove Intesa e Unicredit sono state praticamente obbligate a trasformare i crediti da riscuotere in azioni della compagnia aerea nella speranza di non doverle svalutare in futuro.

Quanto a Pirelli, almeno l’assenso del socio russo, che ha confermato a Tronchetti la guida della Bicocca fino al 2017, è garantito anche dalla lunga amicizia con il Cremlino dell’ex presidente di Telecom – anche questo accomuna Colaninno e Tronchetti Provera – testimoniata anche dalla ricca consulenza da 20 milioni di euro all’amico Massimo Moratti per traghettare i russi nel capitale della Saras e raccontata dall’Espresso nelle scorse settimane. 

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