“Da prima che la notizia fosse nota che noi siamo sulle tracce, alla caccia del gruppo che ha preso le due ragazze”. Il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, dai microfoni di SkyTg24 interviene sul sequestro in Siria di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due volontarie rapite nei giorni scorsi ad Aleppo. Pistelli assicura che “la Farnesina si è mossa fin dal primo giorno, cioè sei giorni prima che la notizia fosse nota al grande pubblico” ma sottolinea anche che nella gestione del caso servono “discrezione e silenzio”. 

Le piste aperte – Intanto gli inquirenti lasciano tutte le piste aperte e non escludono anche l’ipotesi che le due giovani siano state cedute ad altre organizzazioni per gestire una trattativa ed ottenere un riscatto. Le due cooperanti sarebbero state rapite nel villaggio di El Ismo, a ovest di Aleppo, da uomini armati dalla casa di quello che viene indicato come il “capo del Consiglio rivoluzionario” locale, presso il quale erano ospitate. Una zona, quella del nord del Siria, dove ribelli, jihadisti islamici e bande di criminali comuni si contendono il territorio, e dove il business dei ricatti è la principale fonte di sostentamento di molti gruppi estremisti.

In questo scenario caotico, il primo obiettivo è di individuare chi gestisce materialmente il sequestro delle due cooperanti nella fase attuale, che intenzioni abbia, e trovare un canale di collegamento affidabile per intavolare una trattativa, fanno sapere fonti vicine all’inchiesta, specificando tuttavia che “è ancora troppo presto e tutti gli scenari sono aperti”. Sulla base delle esperienze passate, viene ritenuta “concreta” l’ipotesi che Vanessa e Greta possano passare da un gruppo ad un altro, anche se “non ci sono evidenze certe”.  

Le famiglie – Nei paesi d’origine delle due ragazze, appena ventenni, cresce l’attesa e la preoccupazione. A Gavirate, piccolo comune della provincia di Varese, la famiglia di Greta Ramelli resta chiusa. A parenti e conoscenti è stata data la consegna del silenzio non solo per favorire l’opera della Farnesina, ma anche perchè la famiglia Ramelli ha chiesto così, in maniera ancor più diretta dopo l’arrivo dei giornalisti davanti alle finestre di casa. E la comunità partecipa all’apprensione della famiglia ma senza organizzare iniziative di solidarietà per il momento, ha spiegato il sindaco Silvana Alberio, sottolineando che c’è già “tanto clamore mediatico”. A Brembate, nel Bergamasco, il padre di Vanessa MarzulloSalvatore, ha raccontato in un’intervista che la figlia aveva deciso di partire – per la terza volta verso la Siria – contro la volontà dei familiari, perché “convinta che per aiutare i bambini siriani dovesse andare da loro”. Il signor Marzullo anche ieri era a Roma per incontrare i funzionari della Farnesina (che ha visto “molto attenti” al caso). In attesa, ha spiegato, che arrivi la tanto sospirata “buona notizia”.

La polemica dell’assessore di Varese: “No a riscatto a spese nostre per due sprovvedute” – Mentre la Farnesina lavora per rintracciare la due ragazze rapite, è l’assessore alla tutela ambientale del Comune di Varese Stefano Clerici (Pdl) a sollevare la polemica su un eventuale riscatto a spese dei contribuenti per riportare a casa Vanessa a Greta, che lui definisce “due sprovvedute” (leggi). Sempre su facebook, nel 2012 Clerici – che nella foto del profilo ha la bandiera siriana – si era espresso a favore del dittatore Bashar al-Assad, postando una sua immagine con lo status “Tieni duro presidente”. Nel 2011, tra l’altro, da assessore aveva inaugurato i giardini a Varese dedicati al teorico del fascismo Giovanni Gentile. “Ora mi chiedo – scrive Clerici commentando il rapimento delle cooperanti ad Aleppo – per le due sprovvedute (sarò diplomatico) partite per farsi i selfie tra i ribelli siriani è giusto che si mobiliti la diplomazia internazionale? Si, per carità. Ma che addirittura si ipotizzi il pagamento di un riscatto a spese nostre? Io lo farei eventualmente pagare ai loro ancor più sprovveduti genitori”.

Poi aggiunge: “Umanamente mi dispiace, per carità, ma con la guerra non si scherza e da bambine è bene che non si giochi alle ‘piccole umanitarie’, ma con le barbie. Perché se parti con l’incosciente presunzione di risolvere un problema e poi, paradossalmente, il problema diventi tu, non può essere la collettività a pagarne il prezzo. Ora speriamo solo che tornino sane e salve a casa, che imparino la lezione e che tacciano, perché l’idea che due ragazzine siano in mano a dei terroristi islamici senza alcuno scrupolo mi fa gelare il sangue nelle vene”. Parole accompagnate dal link a un articolo dal titolo “Le stronzette di Aleppo” (leggi). Il pezzo è tratto dalla rivista online Effedieffe, stesso nome della casa editrice diretta da Maurizio Blondet che firma l’articolo. Si definisce di “orientamento cattolico, senza cedimenti o concessioni alle derive vaticanosecondiste“.

Nell’articolo Blondet scrive che le due ragazze – “sempre teneramente abbracciate (inseparabili, lacrimano i giornali), forse per fare intendere di essere un po’ lesbiche (è di moda)” – “nella loro ultima telefonata chiedevano altri fondi. Pericolo per le loro faccine angeliche, o le loro tenerissime vagine? No, erano sicure: avevano capito una volta per tutte che i cattivi erano quelli di Assad, e loro stavano coi buoni, i ribelli. E i buoni garantivano per loro. Si sentivano protette. Nell’ultima telefonata hanno detto che avevano l’intenzione di restare lì”. E prosegue: “Un Paese serio le abbandonerebbe ai buoni, visto che l’hanno voluto impicciandosi di una guerra non loro di cui non capiscono niente […] Invece la Farnesina s’è subito attivata, il che significa una cosa: a noi contribuenti toccherà pagare il riscatto che i loro amici, tagliagole e criminali, ossia buoni, chiederanno. E siccome le sciagure non vengono mai sole, queste due torneranno vegete, saranno ricevute al Quirinale, i media verseranno fiumi di tenerezza, e pontificheranno da ogni video su interventi umanitari, politiche di assistenza, Siria e buoni e cattivi di cui hanno capito tutto una volta per tutte. Insomma, avremmo due altre Boldrini“.

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