“E’ un brutto colpo, non ci voleva, i mercati esteri sono gli unici dove riusciamo ancora a prenderci buone soddisfazioni, non possiamo permetterci di perdere fiducia anche su questo versante”. Così Paolo Tanara, Presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, ha commentato l’embargo imposto dalla Russia all’agroalimentare europeo in risposta all’atteggiamento Ue sulla questione Ucraina. Le Autorità russe hanno diramato la lista dei prodotti agricoli la cui importazione all’interno della Federazione Russa è stata bandita per un intero anno e fra i prodotti che rientrano in questo lunghissimo elenco c’è anche il Prosciutto di Parma. “Pur non essendo ancora un grande mercato di sbocco per noi – ha spiegato Tanara in una nota – con 25.000 Prosciutti di Parma spediti nel 2013 per un fatturato di oltre 2,5 milioni, la Russia è comunque il Paese con maggiori prospettive di tutti i Brics. Il Consorzio e alcune aziende del comparto hanno investito parecchio in questo mercato e i risultati sono stati eccellenti, tanto che lo scorso anno le esportazioni sono cresciute del 50% e del 70% nel primo semestre 2014. Al di là del danno economico che è comunque rilevante, dispiace dover gettare al vento il tanto lavoro e gli sforzi compiuti in questi ultimi anni”.

Preoccupazione anche sul fronte del Parmigiano reggiano. “Noi sappiamo di essere nella ‘lista’ da alcuni mesi”, ha commentato all’agenzia Ansa il presidente del Consorzio Giuseppe Alai, “Da febbraio questa vicenda aveva già prodotto una sorta di reazione da parte della Russia, e c’era un’attenzione negativa verso i prodotti che arrivavano dai paesi che avevano determinato un richiamo al comportamento della Russia verso gli avvenimenti dell’Ucraina”. Alai ha ricordato che nel 2013 (ultimo dato disponibile) l’export di Parmigiano Reggiano in Russia ha toccato le 10.800 forme (con una crescita rispetto all’anno prima del 16%), per 5,8 milioni di euro di fatturato. E ora, quando arriverà l’embargo, “la contrazione avrà una ricaduta in termini quasi completi secondo noi”. Due anni fa la produzione complessiva di forme del Re dei Formaggi è stata di 3.279.156 forme. Si tratta quindi di una quota minore di produzione, ma la Russia è uno di quei mercati esteri su cui il Consorzio ha fondato la sua strategia futura, che appunto ipotizza di vendere all’estero il 50% della produzione entro il 2020. Da inizio anno, racconta Alai, non si era dunque in presenza di un bando ufficiale, ma una netta contrazione negli acquisti. “In Russia c’era arrivato questo segnale: una sorta di silenzioso e non ufficializzato atteggiamento negativo verso i nostri prodotti”. Ora, ha concluso, “noi non abbiamo la possibilità di reagire se non attraverso la diplomazia internazionale“. Al Governo il Consorzio chiede “di riuscire a sbloccare la situazione, o essere conseguenti: la Russia è un paese che esporta anche: in un caso come questo penso sia giusto ripensare l’import-export nella sua complessità”.

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