A Napoli una famiglia campa con 364 euro. E’ lo stipendio che la custode della Piscina Mirabilis mi dice di percepire non al mese, ma annualmente, Sì, all’anno. Cioè, dicasi un euro al giorno. Tutti i sacrosanti giorni, compresi il sabato e la domenica (escluso il lunedì). E’ il miserabile obolo stabilito dalla Sovrintendenza dei beni culturali. Ci si può credere? E’ semplicemente vergognoso che sia un ente pubblico a dare questa elemosina, a fronte di enormi sperperi di danaro pubblico.  

Annamaria, 69 anni, è la sentinella del monumento archeologico romano di Bacoli (provincia di Napoli). Lo era anche sua madre Filomena, lo è anche sua figlia Immacolata e, molto probabilmente, lo sarà anche la figlioletta di 7 anni. Non stanno sul posto, non staccano biglietti ( l’ingresso è gratuito), ma la miseria di salario prevede che qualcuno della famiglia sia sempre a disposizione dalle 9 del mattino alle 6 di pomeriggio per qualche sparuto turista al quale per caso è giunta notizia di questa meraviglia. Annamaria e Filomena abitano a 400 metri. Il numero del cellulare è appeso sul cancello sbarrato. Bisogna telefonare, armarsi da santa pacienza ( come si dice da queste parti) e aspettare che qualcuno arrivi.

La cisterna venne interamente scavata nel tufo, a pianta rettangolare, alta 15 metri, lunga 72; con una capacità di 12.600 metri cubi è la più grande costruita in età augustea. 48 pilastri, soffitto con volte a botte sorretto da un gioco di archi, ci offre invece uno spettacolo di desolante abbandono, di degrado, di totale assenza delle istituzioni. Si sbagliano di grosso se credono che le pareti coperti di muschio e lichene lasciano al rudere il suo fascino primitivo.

Se poi facciamo il paragone con la cisterna gemella di Istanbul, anche se costruita 500 anni dopo sotto Giustiniano, il periodo più prospero dell’Impero romano d’Oriente (e talmente ben conservata che ci hanno ambientato anche un James Bond), la Mirabilis appare ancora di più lasciata all’incuria.

Stessa infelice sorte tocca anche al tempio di Venere, che troviamo sprangato con il solito cartello che ci informa di telefonare a un custode. Con la disoccupazione giovanile che c’è al Sud non si potrebbero invece creare posti stabili di lavoro?

Anche il leggendario antro della grotta della Sibilla Cumana, fucìna di profezie e vaticini, lo troviamo sbarrato per rischio crollo ( è chiuso dal 2012) ma ci fanno lo stesso pagare il biglietto (4 euro).

Mi metto nei panni (sudati) del povero turista in arrivo dopo la visita ai Fori Imperiali di Roma (che, al confronto, sono tenuti a manicure), al Parco Archeologico Flegreo.

Mi metto nei panni del gentiltuomo anacaprese Tonino Cacace, patron del cinquestelle CapriPalace, che per i suoi clienti internazionalmente vip, vorrebbe organizzare escursioni fra i nostri gioielli della classicità, compresa una visita alla Pompei sommersa di Baia, luoghi che il mondo intero ci invidia. E invece cosa si trova? Cancelli chiusi ed escrementi di piccioni.

Verrebbe voglia di rivolgersi a Diego della Valle che, attento difensore del made in Italy, si è già accollato il restauro del Colosseo. Lì dove latitano le istituzioni, interviene il privato.

Perché, per Mr. Capripalace e mr. Tods, solo cultura e turismo possono portare il Paese fuori dalle secche della crisi.

@piromallo

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