Che cosa sarebbe successo se il 1° dicembre 1955 una sarta di Montgomery in Alabama, stanca dopo una giornata di lavoro, non si fosse seduta nel posto riservato ai bianchi sull’autobus che la portava a casa? 
E cosa sarebbe successo se il 14 giugno 2011 un gruppo di artisti e precari dello spettacolo, stanchi della privatizzazione e svendita dei teatri e dei continui tagli ai budget per la cultura, non avessero occupato un teatro del ‘700 nel centro di Roma?

Quella sarta, Rosa Louise Parks, commise un atto illegale. Anche gli artisti e i precari dello spettacolo. Rosa Parks fu arrestata. La stessa notte del 1° dicembre 1955 cinquanta leader della comunità afro-americana, tra cui un allora sconosciuto Martin Luther King, si riunirono e organizzarono la protesta. Il 2 dicembre iniziò una mobilitazione che portò al blocco dei mezzi pubblici di Montgomery per più di un anno, esattamente 381 giorni. E alla fine la legge che legalizzava la segregazione razziale venne rimossa dal diritto statunitense.

Le lavoratrici e lavoratori dello spettacolo – a cui man mano si sono aggiunti altri precari della cultura, altri artisti, ricercatori, giuristi, semplici cittadine e cittadini – proseguono l’occupazione da più di tre anni. E al Teatro Valle Occupato hanno dato vita alla Fondazione Teatro Valle Bene Comune con uno statuto innovativo, basato sull’autogoverno, scritto in assemblee e emendato online: al posto del Consiglio d’amministrazione si riunisce un’assemblea di cittadine e cittadini; la direzione artistica non è nominata dall’alto, ma da una call pubblica a progetto e non può produrre i propri spettacoli; le cariche esecutive sono turnarie. Il tema sono le nuove istituzioni, la democrazia, l’accesso alla cultura. Non è in gioco una vertenza di pochi, ma la possibilità di estendere diritti a tutte e tutti.

Nasce così un teatro mai visto prima, un teatro aperto tutto il giorno con migliaia di ore di formazione, spettacoli, ogni tipo di attività artistica, due produzioni, premi internazionali. Un teatro che diventa l’agorà di una città: vi si tengono assemblee, presentazioni di libri, lezioni universitarie, commons café. Un laboratorio politico di sperimentazione sul diritto in cui nasce la Costituente dei Beni Comuni, a cui partecipano i maggiori giuristi e costituzionalisti del nostro paese.


E proprio sulla parola “legalità” si gioca – ipocritamente – una parte importante della vicenda del Valle. Sia da destra che da “sinistra”. D’improvviso i più feroci sostenitori delle privatizzazioni, coloro che fanno lobby per far svendere i gioielli di Stato ai loro comitati d’affari, diventano convinti statalisti e accusano gli “okkupanti” di aver “rubato” un bene al pubblico. A questi si aggiunge buon ultimo anche il sindaco Ignazio Marino. 
Ma cosa vuol dire “legalità”? Pensiamo che esistano tavole della legge immutabili oppure il diritto è qualcosa di vivo, flessibile, legato all’umano e non al divino, come ha dimostrato la coraggiosa sarta dell’Alabama?

La Fondazione deve essere riconosciuta perché l’esistenza di una comunità informale di lavoratori e cittadini che si prendono cura e fanno vivere un bene comune è una occasione unica. E l’intelligenza collettiva che viene innescata può produrre cose inaspettate. Perché non c’è solo il Teatro Valle, ma i beni comuni e i cittadini sapienti e creativi che possono produrre bellezza sono tantissimi, perché il nostro paese ha una classe politica che molte volte non si è dimostrata all’altezza della civiltà, della creatività e dell’intelligenza di coloro che pretende di governare.

Perché il Teatro Valle è un fenomenale laboratorio di educazione politica, che probabilmente sta facendo nascere un nuovo tipo di relazioni, tra pari. Perché una Fondazione basata sui beni comuni può aprire una stagione veramente nuova, dove lo spettro dei diritti si allarga in maniera  esponenziale.

Per questi motivi, adesso che si è aperto uno spiraglio (ancora troppo stretto) per un dialogo reale con le istituzioni, vogliamo che il riconoscimento artistico vada avanti di pari passo con il riconoscimento giuridico della Fondazione Teatro Valle Bene Comune. 

Articolo Precedente

Ebook, Iva al 4%: la battaglia di Franceschini in Europa

next
Articolo Successivo

Teatro Valle: perché non riguarda solo gli artisti?

next