Le biografie di Steve Jobs, fondatore della Apple e guru dell’informatica, sono ormai un genere letterario a sé, oscillante fra l’epica e il gossip. Ma l’atteggiamento verso il protagonista sta cambiando: come mostrano le foto in copertina. Prendiamo la biografia di Walter Isaakson, che avevo regalato a mio figlio e che oggi ritrovo sul banco di un ipermercato. Allora, in copertina c’era la faccia di Steve in versione vecchio saggio, con occhiali tondi, barba e i soliti occhi che perforano l’obbiettivo. Oggi, invece, c’è la sua foto da giovane, la faccia sfrontata da ragazzaccio californiano, al ritorno dai sette mesi di vagabondaggio in India. Nell’originale, a figura intera, campeggiavano i piedi nudi: ricordandoci che, all’epoca, Steve non si lavava, convinto com’era che la dieta vegana rimediasse anche ai problemi di traspirazione.

Tutto considerato, credo che la nuova foto sia più fedele al personaggio: uno dei padri dei tempi che viviamo, e non solo per aver inventato I-pod, I-Pad, I-Phone, per non parlare del Mac su cui sto scrivendo. Ma non so se le sue biografie siano un esempio per la gioventù. Steve era abbastanza geniale da farsi perdonare anche le mascalzonate, ma sino a che punto il genio riscatta il mascalzone? La grande rivoluzione o controrivoluzione capitalista, di fatto, è partita proprio da lì, dalla California di Ronald Reagan e della Silicon Valley: e lui, figlio dei fiori ma anche di buona donna, ha contribuito alla grande, regalando al capitalismo un aspetto friendly, cool, smart, senza renderlo per questo meno spietato. Quanti autentici criminali hanno seguito il suo esempio, senz’avere un milligrammo del suo carisma?

In tutti i passaggi decisivi della sua biografia, in effetti, c’è una frase che Steve ripete come un mantra, o come un jingle: e non è il «Stay hungry, stay foolish», siate affamati, siate folli, destinato, da noi, a diventare tema della maturità, magari tradotto «Stai sereno». Steve la dice anche quando torna al timone della Apple, ormai sull’orlo della bancarotta, e convince quel semplicione di Bill Gates non solo a fornirgli di nuovo il software, ma persino a finanziarlo: il record mondiale dell’abbindolamento. Cito da Isaakson, p. 350, il testo della telefonata di ringraziamento: «Bill, grazie per il sostegno che stai offrendo a questa azienda – gli disse […] rannicchiandosi nei suoi pantaloni corti – Penso che il mondo sarà migliore grazie a questo». Il mondo sarà migliore grazie a questo. Steve, divino cialtrone, spero che te ne vergogni ancora, lassù nel tuo nirvana. 

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