Ci sono persone mattutine. Che sono gaie al canto del gallo, non frignano fra sé e sé per la levataccia, non enumerano tutti i santi del calendario levandosi alla matutina hora dei benedettini. Naturalmente io non rientro in quel novero. Mi sveglio malvolentieri sempre, a maggior ragione alle cinque, quando è ancora tutto buio e non so nemmeno come mi chiamo.

Il fatto che sia il primo giorno di immersioni della nostra crociera alle Maldive non trasforma il disagio della sveglia alle cinque in felicità.

E non basta neanche l’ accattivante briefing della sera precedente, in cui si parla di squali martello che raggiungono profondità meno sconsiderate all’alba, in cerca di cibo, e dunque concedono la possibilità di farsi ammirare.

No, non mi lascio abbindolare, io! Però andiamo tutti e cosa faccio, rimango indietro? Sia mai. Quindi la sveglia trilla, mi alzo con gli occhi appiccicati, cerco di dare un senso alla mia faccia sotto l’acqua corrente e con spazzolino e dentifricio, e monto sul donhi insieme ad altri zombi par mio. Tranne le guide che sono fresche come rose, ovvio.

Il sole fa timidamente capolino all’orizzonte, dove le famose ditina di un’aurora che qualcuno meglio di me ha ben cantato comincia a colorare di rosa la parte bassa del cielo. Il panorama di Felidhoo si profila davanti a noi mentre le guide puntano la parete con la bussola onde raggiungerla dopo il tuffo nel blu.

Perché in realtà non andiamo a fare il classico giro in parete. Ci buttiamo nel blu, distanziati dal reef, e andiamo a cercare i nostri amici sphyrna lewini (gli squali martello smerlati, per parlar come si mangia!) nel mezzo del nulla.

Pronti, attenti, via, tutti giù, ci buttiamo.

L’erogatore in bocca dove si mescolano il sapore di gomma del boccaglio a quello del dentifricio e del caffè -che ho invano ingollato nella pia speranza di svegliarmi- all’acqua salata. Non è male, man mano che scendo mi sembra di essere più vigile: che mi stia svegliando?

Le istruzioni sono state chiare. Piazziamoci in formazione ordinata e compatta intorno ai trenta metri e poi facciamo le nostre ricerche.

E mentre arriviamo alla profondità indicata devo ammettere che il colpo d’occhio è stupefacente. Siamo immersi in una bolla blu elettrico, ci corrono incontro particelle di plankton che, grazie alla mancanza di luce possiamo vedere illuminarsi stimolate dall’acqua smossa. Molto bello. Sì, sono piuttosto sveglia. E mi godo il panorama, tenendo la mia posizione e guardandomi intorno, in alto e in basso alla ricerca dell’avvistamento non dico della vita, ma di certo della giornata. Dentro di me riconosco che se anche non vedremo nulla di eclatante, il primo tuffo nel blu sarà stato comunque un’esperienza indimenticabile.

Ma, cosa vi devo dire, ci sono giorni in cui gli dei ci arridono e ci sono favorevoli, e dunque eccola, la famigliola di squali martello! Un adulto e due giovani. E non mi vergogno a dire che mi sfilano anche piuttosto vicini. Grandiosi. Non faccio loro foto per non disturbarli e spaventarli col flash, non c’è luce né tempo per impostare il filmato, e mi accontento di prendere uno scatto che somiglia, lo verificherò poi a fine immersione, più a una radiografia che a un’immagine propriamente detta. Ma va bene lo stesso. Non è ancora tempo di social media, si vive bene ugualmente anche senza comunicare al mondo ogni minima cosa vediamo, facciamo o assaporiamo.

Ed è col sapore di salsedine, dentifricio, caffè, gomma e adrenalina soddisfatta che me ne torno in superficie a fine tuffo. Completamente sveglia. Completamente felice.

 

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