Problemi con la fornitura d’acqua, con l’edilizia (sociale e privata) e con il welfare, così come un generale abbassamento della qualità di vita dei britannici. Il tutto dovuto all’immigrazione di massa e incontrollata verso il Regno Unito. Questo è quello che prospetta uno studio condotto da Robert Rowthorn, professore di economia all’università di Cambridge, con un ruolo anche nel dipartimento di ricerca sulla popolazione e sulle politiche sociali all’università di Oxford. Ma, soprattutto, uno studioso che viene descritto come “uno dei pochi marxisti” a essere studiati e seguiti nelle università britanniche, un seguace di Marx, appunto, che ora lancia un allarme su un’immigrazione che spaventa sempre più e che, dice, di questi passi (con circa 225mila arrivi ogni anno), potrebbe far aumentare la popolazione britannica di 20 milioni di persone entro 50 anni. 

Lo studio di Rowthorn è una ricerca economica vera e propria, sulle conseguenze materiali e sull’impatto dell’immigrazione sul resto della popolazione. “Una crescita incontrollata della popolazione avrebbe un impatto negativo sugli standard di vita, a causa degli effetti ambientali come il sovraffollamento, la congestione e la perdita di servizi e comfort”, scrive il professore nel suo report. In particolare, Rowthorn sottolinea la carenza d’acqua che già oggi interessa il sud dell’Inghilterra e del Galles, “che hanno gli stessi problemi idrici di gran parte del sud dell’Europa”, la futura mancanza di posti di ospedale e la necessità per le città di prevedere centinaia di migliaia di nuovi alloggi. Chiaramente, il prodotto interno lordo crescerà grazie a tantissimi nuovi lavoratori, ma quello pro capite resterà più o meno invariato, per il contemporaneo aumento della popolazione, appunto. 

Scuole e trasporti, inoltre, subirebbero il peso dell’aumento della popolazione e, per ovviare a tutti questi problemi, dice il professore, serviranno ingenti investimenti. Nel Regno Unito si sta attenuando lo spauracchio contro quei cittadini originari di Romania e Bulgaria che solo dal primo gennaio 2014, in seguito alla caduta di alcune limitazioni a livello europeo, sono stati in grado di trasferirsi per cercare lavoro e una nuova vita nel Regno Unito. Rimane sempre acceso tuttavia, sulla stampa conservatrice e sui tabloid, il dibattito sugli europei che arrivano in Gran Bretagna e come prima cosa chiedono quei “benefit” (aiuti di stato) garantiti a disoccupati, sottoccupati e famiglie numerose. Obiettivo del governo conservatore e liberaldemocratico guidato da David Cameron era quello di ridurre l’immigrazione a “qualche decina di migliaia di persone l’anno”, dalle attuali oltre 200mila. “Un obiettivo impossibile se l’immigrazione dai paesi europei, non vietata, continua a questo tasso”, scrive ora Rowthorn. 

Una soluzione, comunque, per quanto difficile, viene prospettata: “Non investimenti ‘una tantum’ – scrive – ma una spesa continua e crescente, per costruire nuove case, allargare scuole e ospedali e costruirne di nuovi, ampliare le strade o asfaltarne di nuove, accrescere la capacità della rete ferroviaria”. Chiaramente, il governo di Cameron ha subito accolto con favore questo studio. Intervistato dal Daily Telegraph, un portavoce del ministero delll’Interno ha detto: “Ormai è chiaro che un’immigrazione di massa e incontrollata rende difficile mantenere la coesione sociale, fa pressione sui servizi pubblici e spinge verso il basso le paghe delle persone già a basso reddito”.

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