Lavoravo in una redazione siciliana, un tempo. Era il maggiore quotidiano dell’isola, ci fregiavamo stupidamente di questo titolo fasullo io e gli altri, eravamo giovani, volevamo scrivere e basta. Era necessario conoscere i fondamentali: non ostentare certe idee, per carità, normodotarsi di un talento medio, ed era fatta. Non ci pagavano, non ci prendevamo nemmeno i soldi per le sigarette. A noi andava bene. Era uno status. Non so come spiegare, avevamo vent’anni, giù di lì. E’ una vicenda lunga e noiosa, comune a molte redazioni, immagino in special modo del sud, ma non solo quelle. Sottopagati, sottostimati.

Personalmente avevo ruoli redazionali abbastanza rilevanti eppure: ufficiosamente. Coordinavo quattro pagine, ancora oggi chiedetemi qualsiasi numero di tutti i collaboratori della provincia e io vi cito a memoria numero privato, d’ufficio, di cellulare. Vorrebbe essere una battuta, ma non mi viene da ridere, e neanche a voi, giusto? Però è tutto vero. Sono passati 17 anni. La possibilità di un contratto era roba da visionari. Siamo pazzi? Un contratto? Soltanto pochi e sparuti al limite. Non certo a me. Esser sopra la media era un affare complicato. Scrivere con i piedi per rendere la “merde” accessibile a tutti era un diktat, e non importava se alla fine il lettore confermava costernato: c’est la merde (eufemismo). Esattamente.

Son passati anni, dicevo, sopravvissuta un po’ a tutto, alle minacce, alle ritorsioni, a tutto, non è facile scrivere per un giornale, in Sicilia, cercate di capire. Taluni argomenti, ad esempio, non è facile. Ci sono dinamiche che attengono proprio a traiettorie meridionaliste, qui cito il mio amico musicista e scrittore Peppe Voltarelli. Intervistai persino un presunto serial killer, per costoro. Scioccamente credevo che al limite sarei stata premiata firmando un qualche articolo di fondo o con una manciata di euro in più a fine mese. Niente da fare. Lungo e noioso l’iter di una sfigata con la passione per la scrittura in una redazione del sud, del profondo sud, dove le idee fanno paura, sì, non è demagogia soltanto. Il talento, le idee, gli outsider, fanno paura. Sei una fuori di testa, mi diceva un collega in redazione. La gente non ti capisce, ma come cacchio scrivi? Poi ci mandarono a casa, di punto in bianco, senza un cent di liquidazione, niente, a casa. Nel mio caso, dopo 17 anni, appunto. Con le tasche rivoltate e un ‘vaffa’ implicito nella gestione delle risorse umane, speronate così distrattamente. Un amico, con il quale veramente litigavamo spesso in redazione, ma oggi lo riscopro un amico e mi manca e anzi di più un fratello, ecco lui pensava di aver perso davvero tutto. Lo avevano liquidato senza troppe parole, un battito di ciglia ed eravamo nulla per questa gente. Il mio amico fratello era davvero arrabbiato, voleva mettere le mani al collo di quel tale che lo aveva liquidato, velocemente. Via, sciò, a casa. Il medesimo che a me aveva proposto, casomai, qualcosa come “5 euro” a pezzo. Manco al mercato, amico.

Così in un’alba innocua di fine inverno, un colpo di pistola scuoteva i paramenti del cielo e della terra, mi sembra tale oggi, una terribile deflagrazione. Così lui è morto, non ha resistito, non ce l’ha fatta. Il mio amico-fratello- collega si è sparato.

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