Senza eccedere in enfasi retorica, possiamo dire che quella di ieri è una giornata da segnare sul calendario. Dopo tre anni di pensiero unico, quello delle larghe intese, è risorta l’opposizione. Nel corteo di parlamentari di Sel, 5 Stelle, Lega e dissidenti del centrodestra ci sono anche persone che non ci piacciono. Ma la battaglia che hanno portato fin dentro il Quirinale è giusta, perché è l’Abc della democrazia: difendere il ruolo delle minoranze, cioè del Parlamento. Non è dallo stato di salute delle maggioranze, ma delle minoranze che si distinguono le democrazie dalle dittature e dai regimi autoritari.

Il Fatto, con la petizione che in una settimana ha raccolto oltre 160mila firme, segnala la minaccia prossima ventura del grumo autoritario che spurga dal combinato disposto Italicum-Senato-Quirinale-Csm. E paradossalmente chi l’ha architettata, mentre si sforza di smentirla, non fa che confermarla con le sue condotte quotidiane. Noi denunciamo la futura autocrazia dell’uomo solo al comando: e Renzi, mentre irride all’accusa di autoritarismo, già si comporta da uomo solo al comando minacciando i suoi dissidenti e quelli dei partiti alleati, trattando il Senato come il consiglio comunale di Firenze o di un paese limitrofo (l’orizzonte è quello).

Noi denunciamo i deragliamenti incostituzionali del presidente della Repubblica: e Napolitano, mentre monita contro chi evoca spettri autoritari, chiama “paralisi” l’opposizione democratica, le intima di ritirare gli emendamenti, interferisce nella sovranità del Parlamento proprio nel momento del voto di una legge (costituzionale!), manda pizzini al Csm per salvare il procuratore di Milano che garba a lui e per bloccare la nomina del procuratore di Palermo che non piace a lui, infine rifiuta di ricevere la più ampia delegazione di parlamentari mai vista in piazza del Quirinale.

Noi denunciamo il rischio di partiti sempre più personali comandati a bacchetta da un pugno di leader che si nomineranno senatori e deputati vieppiù servili: e già ora Renzi & B. tentano di spegnere ogni dissenso interno minacciando chi non obbedisce di espellerlo o di non ricandidarlo. Noi denunciamo il piduismo strisciante di un modello di democrazia sempre più verticale e personalizzato, contro quello orizzontale e partecipato che ci lasciarono i Padri Costituenti: e il premier, mentre si fa una risata, irreggimenta la democrazia in base a un papello occulto detto “Patto del Nazareno” che conoscono in tre o quattro (Renzi, B., Letta Zio e Verdini) ma che subiamo tutti.

Noi denunciamo il futuro svuotamento del Parlamento, ridotto a cortile di casa del premier-padrone che potrà scegliersi anche un presidente della Repubblica di stretta obbedienza: e il capoccia del governo, con la complicità di quello dello Stato, pressa il presidente del Senato fino a indurlo al cedimento finale. Cioè alla gravissima decisione di ieri di contingentare il dibattito sulla riforma costituzionale in tempi da regolamento condominiale, con una “tagliola” (la scadenza ultima all’ 8 agosto) palesemente incostituzionale: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale” (articolo 72 della Costituzione). Chiunque si renda complice di questo scempio, magari dopo aver difeso per anni le ragioni dell’ostruzionismo quando stava all’opposizione, dovrà prima o poi vergognarsi e renderne conto davanti ai propri elettori. Tutto ciò accade in piena estate, mentre gli italiani sono distratti dalle ferie: come tutti gli altri i colpi di mano contro la democrazia e la legalità, dal decreto Biondi nel 1994 alla legge Cirami nel 2002, dal lodo Schifani nel 2004 all’indulto salva-Previti nel 2006, dal lodo Alfano nel 2008 allo scassinamento dell’articolo 138 nel 2013.

Il resto lo fanno la disinformazione della stampa di regime (di larghe intese) e la rassegnazione di una cittadinanza stremata dalla crisi e dalla malapolitica, che chiede soltanto di arrivare viva a fine mese e di non essere più disturbata. “Tanto sono tutti uguali”. Ieri il corteo di oppositori al Quirinale ha dimostrato plasticamente, dopo anni di “tutti uguali” (o quasi), che c’è anche un altro pensiero. E che persino nei partiti di potere sopravvivono alcuni uomini liberi. Finora l’opposizione era confinata nel recinto dei 5 Stelle e a volte di Sel, in ordine sparso e in un asfissiante isolamento anche mediatico. Ora, per fortuna, ci sono anche pezzi di Pd e di Forza Italia, com’è giusto che sia per una battaglia senza bandiere che non può essere né di destra né di sinistra, né di sistema né antisistema. È una battaglia di democrazia che riguarda tutti noi. In attesa di gridarlo in piazza, cominciamo a dirlo con una firma.

Il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2014

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