Vasco Errani ha fatto molto bene, responsabilmente e risolutamente, a dimettersi da Presidente della Regione dopo la sentenza d’appello che lo riguarda; ha ottenuto per questo suo atto il sostegno e la solidarietà di larga parte del mondo politico e delle forze sociali. Perfino il Grande Rottamatore ha avuto per lui parole d’elogio. Tutti plaudono all’indiscutibile onestà e totale dedizione alla causa della regione, dei cittadini eccetera.

A suo tempo, prima delle precedenti elezioni, scrissi in solitudine che mi sembrava un errore il terzo mandato (forse oggi lo pensa anche Errani). Già allora la situazione programmatica e politica si presentava abbastanza appannata; poi scoppiò lo scandalo di Del Bono e delle sue “spese pazze” da vicepresidente. Era un segnale preciso delle cose che non andavano.

Ora il problema non è solo giudicare personalmente Errani, bensì cercare di comprendere quale sia la situazione e il futuro della Regione. Una forza politica seria dovrebbe trarre da una vicenda anche spiacevole, l’occasione per imprimere i cambiamenti indispensabili all’azione politica e programmatica. Non c’è traccia invece di una discussione di questo genere nel partito democratico, l’unico argomento posto all’attenzione dell’opinione pubblica è chi potrà essere il prossimo Presidente. Penso, invece, che per le forze alla sinistra del Pd il primo compito è quello di tracciare un bilancio della legislazione e capire quali sono i maggiori problemi da affrontare nel prossimo mandato che si preannuncia nient’affatto facile.

Individuerei cinque aree tematiche in cui si distinguono “alcune luci e non poche ombre” e su cui costruire i necessari approfondimenti:

1) La situazione dell’apparato produttivo, delle politiche economiche e industriali, dell’occupazione.

2) Le scelte in materia di urbanistica, il consumo di suolo e l’ambiente.

3) Le infrastrutture e i trasporti, la condizione della mobilità collettiva in Regione, il sistema degli appalti.

4) Il welfare state, la sanità, i servizi alla persona, la scuola e la cultura.

5) Il metodo di governo, il sistema dei rapporti istituzionali, il rapporto con i portatori d’interesse, la spinta alla privatizzazione, le politiche delle multi-utility, la partecipazione alle scelte e la trasparenza.

L’economia della Regione segna il passo da non poco tempo, la crisi economica è globale, eppure la capacità di risposta del sistema produttivo emiliano romagnolo in altri tempi è stata molto più forte. Alla stagione degli imprenditori “capitani coraggiosi” che fondarono un sistema industriale all’avanguardia, è subentrata l’economia del mattone che ha determinato soprattutto consumo di suolo, in una misura mai così pervasiva e congestionante.

Molti Comuni hanno adottato piani urbanistici caratterizzati da sovradimensionate espansioni, senza che nessuno intervenisse per correggere queste scelte. Il sistema degli appalti pubblici ed il ricorso sistematico alla regola del massimo ribasso e del subappalto, hanno determinato gravi infiltrazioni della criminalità organizzata, fenomeno sottovalutato e compreso in ritardo.

Nelle costruzioni non si sono sostenute nuove scelte in materia di riqualificazione energetica degli edifici, come in altre regioni si è fatto con ottimi risultati. Forti resistenze hanno impedito scelte innovative ed oggi si “piangono” le crisi di molte importanti imprese edili, anche cooperative.

Nelle infrastrutture i peggiori errori, come nel caso della metropolitana fallita di Parma o dei progetti per lo più fallimentari, ideati dal Comune di Bologna negli ultimi quindici anni. Esemplare il caso del People Mover:  da subito contestato dal punto di vista tecnico e contrattuale per  l’affidamento al gestore con un sistema improprio di project financing. Fior fiore di esperti di trasportistica hanno posto in evidenza le incongruenze del progetto, nessuno ha ascoltato queste osservazioni. Si è proceduto testardamente fino all’ormai preannunciato fallimento. Una Regione che investe circa trenta milioni di euro in questo progetto avrebbe dovuto svolgere un ruolo di controllo e non accondiscendere a procedure discutibili dove sta la funzione dell’ente?  

L’esercizio ottuso del potere  diventa una camicia di forza che imprigiona ogni possibilità di cambiamento non sviluppa le potenzialità insite in una società ricca e dinamica. Ecco perché è necessaria una forte discontinuità d’idee e metodi nell’azione di governo, una discussione che dovrebbe stare al primo posto dell’agenda politica.

Le forze di sinistra, reduci dal risultato non insoddisfacente dell’Altra Europa, se non intendono restare gli invitati poveri al tavolo del governo, dovrebbero elaborare una propria idea programmatica e porla in discussione per verificare quali condizioni ci sono per partecipare alle elezioni. Il partito democratico deve essere costretto a mettere in discussione, se vuole realizzare alleanze a sinistra, alcuni capisaldi delle sue scelte, soprattutto in materia d’indirizzi di politica urbanistica, ambientale, economica e di democrazia partecipativa. L’alternativa credibile è la costruzione di una lista civica e di sinistra con un’autonoma proposta programmatica e politica e una candidata/candidato alla Presidenza.

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