Una voragine da 5-6 miliardi di euro potrebbe aprirsi nei già sofferenti conti pubblici. I calcoli sono stati effettuati nelle scorse settimane da Consulcesi, associazione che dal 1982 promuove azioni legali collettive per conto dei medici, e si riferiscono all’eventualità che 120mila dottori che si sono specializzati tra il 1982 e il 1991 e tra il 1994 e il 2006 facciano valere in sede giudiziale il proprio diritto a ottenere remunerazione, contributi e interessi legali per tutto il periodo di studi post-laurea. Come prevede una serie di direttive europee adottate tra il 1975 e il 1982 in materia di formazione dei medici specialisti. Le norme di Bruxelles prescrivono infatti condizioni e modalità di svolgimento dei vari corsi di specializzazione in tutti i Paesi Ue e stabiliscono condizioni omogenee di accesso e di formazione. Prevedendo tra le altre cose che le attività di formazione, sia a tempo pieno sia part-time, siano oggetto di “adeguata remunerazione”.

Nel 1991, in ritardo di dieci anni, un decreto legislativo ha attuato le direttive in Italia, riordinando l’accesso alle scuole di specializzazione e le relative modalità di formazione. Con il risultato che anche Roma, dal 1992, ha cominciato a erogare le borse di studio agli specializzandi. Nulla però è andato a chi è stato iscritto tra 1982 e 1991. Problema diverso per chi si è specializzato tra il 1994 ed il 2006: in quel caso le borse di studio sono state erogate, ma non comprendevano il pagamento degli oneri previdenziali e la copertura assicurativa dei rischi professionali e degli infortuni. Di qui la decisione, presa ormai da parte di circa 50mila specializzandi, di fare causa per vedersi restituire con gli interessi emolumenti e contributi negati al momento della specializzazione. Negli ultimi anni le sentenze favorevoli si sono moltiplicate e, stando ai conteggi di Consulcesi, i giudici avrebbero fino ad ora riconosciuto diritti ad almeno 10mila medici per un valore di almeno 350 milioni di euro. L’ultima causa collettiva vinta riguarda decine di medici siciliani: in questo caso è stato pari a 7 milioni l’assegno riconosciuto dal tribunale di Catania.

Ma il vero e proprio spartiacque nella vicenda, dal punto di vista giuridico, è stata la sentenza 1850 della sezione Lavoro della Corte di Cassazione Civile, che nel 2012 ha sancito la non prescrivibilità dei diritti dei medici specializzandi. La legge di stabilità aveva ridotto a 5 anni la prescrizione per la responsabilità dello Stato in tema di mancata o ritardata attuazione di direttive comunitarie, stabilendo anche che iniziasse a decorrere dal momento in cui si era verificato il fatto dal quale derivano i diritti. La decisione della Corte ha invece confermato che “la norma potrà dispiegare effetti soltanto per la prescrizione di diritti di tal genere insorti successivamente alla sua entrata in vigore e, quindi, derivanti da fattispecie di mancato recepimento verificatesi dopo l’intervento del legislatore del 2011”.

Nelle scorse settimane, nell’ottica di sanare almeno in parte la situazione degli specializzandi e al tempo stesso preservare le casse dello Stato da una batosta, è stato presentato un disegno di legge. L’atto, che ha come primo firmatario il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, prevede “una transazione (…) di un’inadempienza dello Stato, che permetterebbe un grande risparmio alle casse pubbliche a fronte di un diritto acquisito dai medici che si sono specializzati tra il 1993 e il 2005”. Nel testo del ddl di quattro articoli viene in sostanza previsto un indennizzo forfettario di 13mila euro per ciascun anno di durata legale della scuola di specializzazione universitaria in medicina. Resta da vedere se la legge andrà in porto. L’unica certezza è che nei prossimi mesi arriveranno le sentenze relative a giudizi che coinvolgono circa 30mila medici. E il relativo conto, visto il moltiplicarsi di cause collettive e individuali, sarà un primo assaggio dell’esborso miliardario a cui lo Stato potrebbe essere presto obbligato a far fronte. Calcolando 35mila euro medi a rimborso, Consulcesi arriva appunto a prevedere una cifra tra i 5 e i 6 miliardi. 

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