“Mamma non posso parlare… sono impegnato in un’operazione importante”. Sono le ultime parole pronunciate al telefono da Sergio Ragno a sua madre poco prima di perdere la vita in un incidente stradale. Incidente che avverrà circa 20 minuti dopo: l’impatto con un’auto, in località “Le Cascine” di Firenze, gli risulterà fatale.

Sergio è un carabiniere in servizio presso la stazione di Borgognissanti di Firenze. Ha 24 anni quando muore. E l’operazione importante di cui parla alla madre è un servizio in borghese: il pedinamento di alcuni spacciatori di droga della zona. I fatti risalgono a dieci anni fa e le indagini sulla sua morte sono state archiviate dopo circa sei mesi. Dopo dieci anni, il caso potrebbe riaprirsi, poiché la famiglia ha presentato un esposto in procura militare a Roma per far luce su quel giorno: chiede che gli sia riconosciuta la causa di servizio. Esistono elementi nuovi. Un collega di Sergio ha ammesso al telefono: “Il capitano ha omesso di sapere (sic) che il servizio era in atto”. La conversazione è stata registrata e allegata all’esposto e potrebbe essere la prova che Sergio non sia morto nel “tempo libero” ma durante il lavoro.

E allora torniamo a quel pomeriggio di dieci anni fa. Sono le 17 del 17 giugno 2004, Sergio – secondo la ricostruzione dei familiari – è incaricato con altri suoi cinque colleghi di eseguire una missione antidroga in borghese. Ha terminato il turno di notte ma viene chiamato dal suo capitano per andare insieme ad altri carabinieri al parco Le Cascine per arrestare uno spacciatore. Sergio obbedisce all’ordine del suo superiore e all’invito di andare sul posto, con il proprio mezzo e senza divisa.

Poi il contrordine: l’operazione è posticipata intorno alle 20. Ed è proprio su questo passaggio che si fonda la difesa dei carabinieri di Firenze: secondo l’Arma, infatti, Ragno era in quel luogo ma non in servizio. Nell’esposto si legge che il comandante tenente Marco Capparella nella sua relazione di servizio scriveva :“Non poteva trattarsi né di ‘servizio comandato’… né di ‘servizio in itinere’(…) né di ‘servizio occasionale’” e “la presenza nella zona adiacente al punto di contatto degli altri cinque carabinieri è stata esclusivamente occasionale”. Dunque, secondo i carabinieri, Sergio era lì per conto proprio. La relazione esclude sia “Qualsiasi connessione tra l’incidente mortale e il servizio istituzionale”, sia che siano stati impartiti “ordini di qualsiasi genere”. Tesi condivisa dalla procura di Firenze che, dopo cinque mesi, chiede l’archiviazione dell’indagine, accolta da Gip. “Risulta in modo pacifico – osserva il pm – che Ragno, unitamente ad altri suoi colleghi, tutti liberi dal servizio (…) si erano portati nella vicinanza della discoteca per valutare la situazione e programmare gli interventi successivi. Qui accertato che la situazione da osservate si sarebbe eventualmente verificata intorno alle 20, decidevano, nell’attesa, di proseguire nelle attività di ‘tempo libero’”.

L’idea che Sergio si trovasse lì con altri colleghi per una passeggiata non convince i suoi genitori, che chiedono la riapertura delle indagini. Resta qualche altro mistero: il cellulare di Sergio non viene mai più ritrovato, come anche l’agenda su cui annotava tutti i servizi che svolgeva. La famiglia non si dà pace: l’esposto, depositato pochi giorni fa, presenta alcune novità. I familiari telefonano ad alcuni colleghi di Sergio e ne registrano le conversazioni. Registrazioni allegate all’esposto. Il carabiniere Antonio Caretto, che ha soccorso Sergio durante l’incidente, in una di queste dice che, la tragedia in cui Ragno perdeva la vita, avveniva in occasione di un servizio comandato in borghese. In particolare, nelle trascrizioni, si legge: “Mi ha chiamato il brigadiere Belvedere dicendomi che c’era da fare questa cosa (…), a dire di questo Belvedere era stato informato anche il tenente (… ) poi la conversazione tra Belvedere e il tenente non la posso sapere. Ti posso solo dire che mi chiamarono e mi dissero: ‘Antonio, siccome tu sei esperto di queste cose qui, ci vieni a dare una mano?’”. In un’altra conversazione, il collega Davide Cellammare riferiva: “Ti posso dire che il capitano – ma non si tratta Capparella, ndr – ha poi omesso di sapere (sic) che il servizio era in atto”.

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