In Italia quest’anno 136.616 lavoratori rischiano di perdere il postoSi tratta dei dipendenti che nel 2013 risultavano in cassa integrazione straordinaria e in deroga. E che, se non riassorbiti, finiranno in mobilità. E potrebbero poi ritrovarsi disoccupati. A calcolarlo è la Cisl nell’XI Rapporto Industria, mercato del lavoro e contrattazione. Rispetto alle precedenti previsioni del sindacato, i posti a rischio sono 13.486 in piùGli interventi di sostegno per le persone che hanno perso il lavoro (cassa integrazione ma anche i nuovi Aspi e mini Aspi introdotti dalla riforma Fornero) sono cresciuti del 66,5% tra il 2010 e il 2013, arrivando a un totale di 2.186.358. L’incremento maggiore riguarda i lavoratori in mobilità, che sono aumentati dell’81,8% fino a toccare quota 217.597

Cinque, secondo il rapporto Cisl, i settori particolarmente colpiti dalla crisi e i cui lavoratori sono quindi più a rischio. Si tratta delle apparecchiature elettriche e non elettriche, di macchinari e attrezzaturecomputer e prodotti di elettronica e ottica, energia elettrica, gas e acqua e infine dei prodotti petroliferi raffinati. Comparto che in questi giorni è sotto i riflettori a causa delle difficoltà delle raffinerie italiane del gruppo EniIn particolare, il totale degli occupati per l’industria manifatturiera e le costruzioni si è ridotto di circa l’89% tra il 2008 e il 2013: rispettivamente 482 mila e 396 mila occupati in meno. Solo le esportazioni, tornate nell’ultimo trimestre del 2013 quasi ai livelli della fine del 2007, hanno impedito una caduta catastrofica dei livelli produttivi.

Nei primi mesi di quest’anno i dati sull’attività produttiva hanno deluso le aspettative, seppur modeste, di crescita. Dopo sei anni di crisi la produzione industriale si è ridotta di un quarto rispetto al 2007-2008. La capacità produttiva è scesa del 15%, i consumi delle famiglie di circa l’8%, gli investimenti del 26%. 

I numeri della crisi sono comunque molto differenziati a seconda delle aree geografiche. Nel 2013 nel Mezzogiorno il Pil si è infatti ridotto del 4% mentre nella parte d’Italia più industrializzata, il Nord-ovest, è sceso “solo” dello 0,6%, a fronte di un calo nazionale dell’1,9%. Le unità di lavoro, che misurano il volume di lavoro prestato per ogni posizione lavorativa, sono in calo del 4,5% nel Mezzogiorno e dello 0,3% nel nord-ovest. 

A conclusione del Rapporto il sindacato elenca poi le proposte su cui intende avviare un confronto per fare fronte alla situazione messa in luce dall’analisi sui dati. Tra queste, la crescita sostenibile, che deve essere messa al centro delle politiche europee, la politica industriale, l’efficienza ed efficacia nell’impiego dei fondi europei, le politiche dell’energia e delle infrastrutture attraverso il fondo di sviluppo e coesione e naturalmente le politiche per il lavoro.

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