Andrea Camanzi, responsabile della nuova Autorità indipendente di regolazione dei trasporti (Art), ha presentato la prima relazione annuale sull’attività di (Art) che tuttavia presenta anche forti indicazioni di intenzioni per il futuro. Il primo punto su cui Camanzi ha insistito è la fretta nell’agire concretamente. Potrebbe sembrare uno slogan renziano, ma non è affatto così: la regolazione per essere efficace richiede proprio fretta. Vediamo rapidamente perché. “Regolare” significa, in termini economici, difendere gli utenti e i contribuenti dalle inefficienze del monopolio, pubblico o privato. E l’esperienza internazionale insegna che i monopolisti non sono affatto soggetti che dormono, e per di più hanno un forte potere economico. Se il regolatore non si muove rapidamente, si organizzano (legittimamente) per difendersi, e spesso ci riescono, per esempio estendendo la loro attività in settori collegati.

Ma veniamo adesso alla difesa dei contribuenti e degli utenti di cui si è detto. Non bastano i ministeri che ci sono già per far questo, nel nostro caso il ministero dei Trasporti? Bisogna creare un nuovo ente da molti percepito come un ulteriore carrozzone burocratico? No, tutta la moderna teoria dell’amministrazione pubblica si sta muovendo, in tutto il mondo, verso la creazione di Autorità indipendenti, con il relativo alleggerimento dei compiti dei ministeri tradizionali. Questo perché la politica deve, sacrosantamente, occuparsi della socialità (quali servizi fornire ai cittadini e quanto farli pagare alle diverse classi sociali ecc.), ma non dell’efficienza con cui questi servizi sono prodotti. Altrimenti emerge un conflitto di interessi insanabile: il consenso a breve termine spingerà comunque i decisori politici, anche quelli onesti, a chiudere un occhio o due su opere o forniture inutili, su eccesso di personale e di dirigenti, su bassa produttività ecc… Cioè l’efficienza sarà la prima a essere sacrificata. Il meccanismo si chiama “cattura”, nella quale gli interessi delle imprese che forniscono i servizi (compresi addetti e fornitori) prendono il sopravvento sull’interesse generale, che è quello di aver buoni servizi a basso costo per gli utenti e sussidi minimi per lo Stato.

Entrando nel merito pratico di quanto ha dichiarato il responsabile di Art, non si può non osservare che ha fatto affermazioni molto ardite, che provocheranno forti reazioni. Per esempio ha fatto intendere che la coincidenza della proprietà della rete ferroviaria e della società che fornisce i servizi di trasporto, crea una situazione di monopolio di fatto difficilmente difendibile (i concorrenti di Trenitalia devono pagare un pedaggio ad una società, Rfi, che ha lo stesso padrone pubblico di Trenitalia). Per le ferrovie poi ha anche lamentato la debolezza della normativa europea nel promuovere la concorrenza, posizione non certo popolare. E nel complesso ha denunciato con durezza un assetto del settore trasporti poco efficiente e molto protetto (viene in mente necessariamente il caso Alitalia). Ha ricordato nella relazione di accompagnamento la situazione del trasporto locale, che vede i costi di produzione tra i più alti d’Europa, che, uniti a tariffe bassissime e a una dotazione di servizi tra i più abbondanti (cioè autobus vuoti), genera un deficit altissimo a carico dei contribuenti. Anche le gare fatte per diminuire i costi sono in realtà state organizzate in modo che quasi nulla succedesse, anche perché i giudici (i Comuni) coincidevano con i concorrenti (le aziende comunali).

Gli ostacoli a un programma di questo tipo saranno certo moltissimi, e verranno sia dalle imprese regolate, che dalla sfera politica e amministrativa, a cui l’attuale inefficienza va benissimo, soprattutto per il meccanismo di “voto di scambio” molto presente nel settore. Ma almeno sembra esserci qualche speranza. Chi scrive ha un conflitto di interesse, perché fa parte di un gruppo di esperti dell’Autorità. È un incarico a titolo gratuito, per cui il conflitto è modesto.

Il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2014

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