Qualche settimana fa avevo manifestato il mio disappunto per il modo in cui erano organizzate le riprese delle partite dei mondiali brasiliani dalla regia televisiva internazionale, gestita dalla Fifa (Rai e Sky – sia chiaro – non c’entrano nulla). E un lettore o, se ricordo bene, lettrice del mio blog mi aveva trovato “livoroso”. Ora, a parte che non mi sembra il caso di confondere il livore con le critiche rivolte a un certo modo di intendere e praticare la produzione televisiva, a dimostrazione che non c’è proprio nessun livore da parte mia, vi dico che ieri sera mi sono goduto un bellissimo spettacolo.

Bella la partita, giocata dall’inizio alla fine con voglia di vincere, con tanto agonismo ma senza isterismi, bello l’ingresso in campo della coppa, bella la premiazione con due momenti super. I giocatori tedeschi schierati su due file che applaudono gli argentini sconfitti mentre passano in mezzo a loro e la Merkel che esulta come una vera tifosa e poi bacia e abbraccia i suoi con genuino entusiasmo. Si potrà dire tutto il male che si vuole di questa signora sul piano politico o anche su altri piani cari a Berlusconi, ma ha ragione Travaglio: in queste occasioni risulta la più simpatica, la più a modo di tutti.

Anche la regia tv che nel corso della partita ha indugiato nei suoi difetti (troppi replay mentre il gioco continuava, troppe leziosaggini nei primi piani) in chiusura si è riscattata con le strepitose immagini della festa, del Cristo del Corcovado illuminato, dei fuochi artificiali che uscivano dallo stadio. Dopo una serata così felice, capace di raddrizzare un mondiale che, terminata una prima fase piacevole, si era parecchio arrugginito nei quarti e nelle semifinali con alcuni spettacoli deplorevoli (Olanda-Costarica e Olanda-Argentina sono state un incubo per gli amanti del gioco del pallone), purtroppo è bastato aprire i quotidiani del mattina per ripiombare nella desolazione.

Di fronte a uno spettacolo così intenso, ricco di pathos, di gesti nobili e significativi in campo e anche in tribuna (Blatter che cede alla padrona di casa Roussef l’onore di consegnare la coppa), le linee di lettura giornalistica si sono rivelate le più banali e prevedibili. Da un lato quella politica, alla Riotta o Conchita De Gregorio, già inflittaci per tutto il mondiale e che ha visto nella vittoria di ieri sera l’ennesima prova dell’egemonia tedesca. Egemonia su cosa e in cosa non si dice e non si sa, visto che l’unico legame possibile, sempre di stampo sportivo, quello con un Tour de France in cui brillano i ciclisti tedeschi, viene ignorato.

L’altra linea, non meno fastidiosa, è quella tragica del capro espiatorio, identificato in Messi, nella sua prova opaca, nel fallimento del suo tentativo di emulare Maradona: ma chi se ne frega di Maradona. Tutte queste letture infiocchettate delle immagini drammatiche, che tanto piacciono all’Audisio, lasciano il tempo che trovano e rivelano tutta la loro pretestuosità di fronte a un’osservazione chiara e precisa, espressa a partita appena finita da un commentatore esordiente e bravo come Alessandro Del Piero: il calcio è un gioco di squadra e ha vinto chi giocava come una squadra.

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