Provvedimento papale durissimo per il numero due della nunziatura apostolica in Italia, difensore dell’ex prete romano condannato in secondo grado per pedofilia. Per volontà di Francesco, monsignor Luca Lorusso lascia sia la prestigiosa nunziatura di via Po a Roma sia la diplomazia pontificia per tornare nella sua diocesi di origine, Taranto. Al suo posto, come numero due della nunziatura guidata da monsignor Adriano Bernardini, arriva monsignor Giorgio Chezza della diocesi di NardòGallipoli, proveniente dalla martoriata Siria.

Un trasferimento, quello di Lorusso, che era stato annunciato dal Papa in persona il 6 marzo scorso nell’aula Paolo VI in Vaticano, durante la tradizionale udienza al clero della sua diocesi di Roma per l’inizio della quaresima. In quell’occasione Bergoglio, anche su richiesta del suo cardinale vicario Agostino Vallini, aveva espresso chiaramente la sua condanna per il comportamento di Lorusso. “Sono stato molto colpito – aveva detto il Papa – e ho condiviso il dolore di alcuni di voi, ma di tutto il presbiterio, per le accuse fatte contro un gruppo di voi; ho parlato con alcuni di voi che sono stati accusati e ho visto il dolore di queste ferite ingiuste, una pazzia, e voglio dire pubblicamente che io sono vicino al presbiterio, perché qui gli accusati non sono sette, otto o quindici, è tutto il presbiterio. Voglio chiedere scusa a voi, non tanto come vescovo vostro, ma come incaricato del servizio diplomatico, come Papa, perché uno degli accusatori è del servizio diplomatico. Ma questo non è stato dimenticato, si studia il problema, perché questa persona sia allontanata. Si sta cercando la via, è un atto grave di ingiustizia e vi chiedo scusa per questo”.

Parole durissime che non furono riportate su L’Osservatore Romano, ma soltanto su Avvenire. Bergoglio si riferiva alla vicenda dell’ex prete Patrizio Poggi, condannato in secondo grado a cinque anni di carcere per violenza sessuale su minori. Nel 2013 Poggi aveva denunciato ai carabinieri nove ecclesiastici romani, compreso il segretario particolare dei cardinali Camillo Ruini e Agostino Vallini, accusandoli di analoghi comportamenti di pedofilia. La denuncia fu sostenuta proprio da monsignor Lorusso, amico di Poggi e suo avvocato canonico nella causa per il suo reintegro nello stato clericale, presentata presso la Congregazione per la dottrina della fede. Lorusso, sia all’atto della denuncia di Poggi ai carabinieri di Roma, sia durante il processo canonico in Vaticano, sostenne sempre che le accuse dell’ex sacerdote erano attendibili e fondate. Ma alla magistratura le accuse risultarono false e parte di un “sordido complotto” al fine “di destare uno scandalo con risonanza potenzialmente mondiale per il coinvolgimento anche dei più stretti collaboratori della Curia romana e, indirettamente, del Papa, chiamato a valutare le pressanti richieste di Poggi che non esitava a manifestare sostanziali propositi estortivi nei confronti del Pontefice, pur di ottenere la restituzione allo stato clericale, con un rancore inestinguibile, pronto ad assoldare dei killer per uccidere i suoi nemici”.

La verità era che l’ex sacerdote della parrocchia romana di San Filippo Neri provava un odio talmente forte verso sacerdoti e monsignori, da lui accusati di averlo incastrato nella vicenda giudiziaria in cui fu coinvolto per prostituzione minorile, al punto che se avesse avuto le disponibilità economiche li avrebbe “fatti uccidere e non avrebbero saputo neanche il perché”, come disse in un’intercettazione telefonica con la madre riportata nell’ordine di arresto. Dalle indagini è emerso anche che Poggi si spacciava con le sue vittime per un magistrato riuscendo così a guadagnare la loro fiducia. Il trasferimento di monsignor Lorusso è una tegola pesantissima per il nunzio in Italia Bernardini, dal 2003 al 2011 a capo della nunziatura nell’Argentina di Bergoglio e principale antagonista proprio dell’allora arcivescovo di Buenos Aires nella nomina dei vescovi sudamericani. Papa Francesco, subito dopo l’elezione, non gli ha risparmiato un bel po’ di anticamera e ora la rimozione del suo numero due suona come un avviso di sfratto anche per lui.

Twitter: @FrancescoGrana

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