Forse c’entra la sbornia post-elettorale del Pd, forse tutto è bloccato dalla corsia d’emergenza data alle riforme (il cui percorso a Palazzo Madama è andato a rilento). Fatto sta che, mentre tutti vogliono abolire il Senato perché il bicameralismo perfetto rallenterebbe l’iter di approvazione delle leggi (l’ultimo a dirlo è stato di nuovo il Colle) in realtà alla Camera quasi si sbadiglia. Tolti il decreto Irpef sugli 80 euro e le comunicazioni di Renzi sul semestre Ue,  l’attività di Montecitorio è stata quasi inesistente: 15 sedute, di cui 3-4 significative e con grande affluenza. Per il resto, nulla di più. Mozioni su mozioni hanno accompagnato il giugno dei deputati dopo l’exploit del Pd a trazione renziana alle Europee. A rompere il silenzio sono stati solo provvedimenti secondari. Per esempio un decreto per garantire il regolare svolgimento dell’anno scolastico o il disegno di legge di ratifica su “un accordo con il governo della Repubblica del Sud Africa in materia di cooperazione di polizia”. Per il resto ha dato da “lavorare” solo un profluvio di mozioni: da quella presentata da Giancarlo Giorgetti (Lega Nord) “sulla libertà religiosa” a quella sulla “semplificazione normativa e amministrativa” (bipartisan: Tabacci, Bianchi, Taricco, Palese, Lavagno), passando per quella di Paola Binetti (Udc) e altri ”in relazione al fenomeno di minori stranieri non accompagnati”. Infine, una serie di misure urgenti, come quella sulla proroga dei Commissari per il completamento delle opere pubblica, una misura che comunque giungeva da Palazzo Madama. A ciò si aggiungono le convocazioni in seduta comune per “procedere alla votazione per l’elezione di due giudici della Corte Costituzionale e di otto componenti del Consiglio superiore della magistratura”. Sedute che di fatto hanno animato un’attività eterodiretta dal governo. Ma tutte andate a vuoto perché non si è raggiunto il quorum.

E meno male che il renzianissimo Lorenzo Guerini ripete fino allo sfinimento che “il voto ha cambiato la fisionomia politica del Paese”. Di certo non quella del Parlamento italiano. Un Parlamento ingessato, ormai confinato a cinghia di trasmissione del governo anche nell’era di Matteo Renzi. Quando si va avanti, infatti, si pedala soltanto per decreti legge. Tutti accompagnati rigorosamente dal voto di fiducia. Riavvolgendo il nastro, infatti, ci si accorge che dal 25 di febbraio, giorno della fiducia al governo del segretario del Pd, ad oggi si annoverano ben 13 decreti con altrettanti voti di fiducia. Un numero che potrebbe aumentare con i prossimi due decreti in scadenza, sulla cultura (entro il 30 luglio) e sulla pubblica amministrazione (slittato in queste ore al 22 luglio, decade il 23 agosto).

Insomma, per usare l’espressione di un parlamentare democratico, il Parlamento “non è autorizzato a procedere autonomamente”. O comunque, “non c’è dubbio che questo governo caratterizza sempre la sua azione”, puntualizza il parlamentare Paolo Naccarato (eletto con la piccola lista di Tremonti, passato al Gal, finito a Ncd e ora tornato al Gal per “tutelare la stabilità”). Così le settimane di Montecitorio si accorciano sempre di più. E tra un caffè alla buvette e una sigaretta nel cortile adiacente, il lavoro parlamentare si riduce a due giorni. Si arriva il martedì, con molta calma dopo un lungo weekend di mare e di sole, e si fugge al giovedì con trolley al seguito per ridurre i tempi, e, soprattutto, per non perdere l’aereo o il treno. Al punto che fra i capannelli del Transatlantico circola una battuta: “Invidio quelli che ancora al lunedì vengono qui”. 

Un Parlamento, insomma, che di sua iniziativa dall’inizio della legislatura ha approvato solo una modifica all’articolo 416 ter del codice penale in materia di voto di scambio politico mafioso (a aprile) e poi la delega fiscale. In commissione la musica non cambia. Anzi. Emblematico il caso della commissione Affari Sociali che in oltre un anno di vita ha licenziato un solo provvedimento, quello sulla donazione del corpo post-mortem. Anche “il lavoro in commissione in questo anno è andato particolarmente a rilento – annota il deputato M5s Andrea Cecconi – per volontà della maggioranza. E in Aula succede lo stesso: i ritmi sono alti nella produzione legislativa solo quando si tratta di convertire decreti. Siamo davanti ad una dittatura del governo che spoglia il Parlamento dalla sua naturale funzione legislativa”.

Altro caso di scuola è, invece, quello della commissione Cultura che ha lavorato unicamente – eccezion fatta per il decreto Cultura e turismo in queste ore in Aula – su provvedimenti localistici. Ad esempio, sulla Santissima Trinità di Vico Equense e sulla Basilica Palladiana. Restano congelati, invece, due progetti di legge del M5s: uno sull’abolizione del finanziamento all’editoria, l’altro sulla riduzione delle tasse universitaria. Significativo è anche il caso della commissione Giustizia, dove ci sono proposte che contribuirebbero alla riforma della giustizia (ad esempio, in materia di falso in bilancio, autoriciclaggio e riciclaggio) ma non vanno avanti perché deve essere il governo a dettare la linea sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Infine il Parlamento ha poi dato il via libera alle proposte di legge per la costituzione di tre commissioni d’inchiesta: Antimafia, rifiuti, Aldo Moro. Quella sui rifiuti si è costituita da circa una settimana. Piccolo particolare: quella dedicata all’uccisione dell’ex leader della Dc non risulta ancora. 

Tuttavia, scorrendo il calendario a seguito dell’ultima conferenza dei capigruppo che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare – a parte di due decreti – c’è poco, pochissimo. Ad esempio, una proposta di legge sul reato di depistaggio, una mozione sulla tutela del cittadino Enrico Forti, detenuto in Usa. E una mozione di rilievo sul programma di acquisto degli aerei F35, calendarizzata per il 1 agosto. Ma sarà un venerdì. E come tutti i venerdì i parlamentari si conteranno sulle dita di una mano. “Puntiamo tutto sull’autunno – ironizza Pippo Civati – l’autunno del fare”.

Twitter: @GiuseppeFalci

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