La celere risposta di Matteo Renzi all’appello di Don Maurizio Patriciello merita aiuto concreto anche da parte nostra, che abbiamo ben chiare le cause del fallimento ventennale della lotta a “Terra dei Fuochi”, innanzitutto proponendo la necessaria “conversione” del modo di affrontare il problema, per risolverlo senza negare o “giocare a scaricabarile” come si è fatto sinora, persino nella interpretazione dei dati prodotti in questi giorni dall’Iss.

Basta parlare e intervenite sui rifiuti urbani!

Il problema da affrontare e risolvere in via prioritaria sono i rifiuti speciali, industriali e tossici, specie quelli prodotti in regime di evasione fiscale, in Campania e nell’Italia intera!

“Terra dei Fuochi” è il risultato della attività quotidiana, in gran parte in regime di evasione fiscale, della miriade di piccole attività imprenditoriali che caratterizzano la economia sommersa in Campania.

“Terra dei Veleni” discende dal dimostrato tombamento profondo di decine di milioni di tonnellate di rifiuti tossici, in gran parte non campani, tombati in profondità nelle nostre terre. In base ai dati ufficiali prodotti dalla Magistratura e trasformati in “campi di calcio”, sono circa 2600 campi di calcio. Sinora, siamo certi della localizzazione solo per circa 70 “campi di calcio”. Quindi:

  1. Attività serrata ed intensa di individuazione e caratterizzazione dei terreni oggetto di sversamento profondo di rifiuti tossici, nella linea voluta dal Decreto Legge. Dal momento che la specifica caratteristica dei tombamenti profondi è finalizzata proprio all’ottenimento di una discarica di rifiuti tossici ma in grado di produrre prodotti agro alimentari “puliti” in superficie, non perdere tempo nella caratterizzazione dei prodotti, di certo “puliti”, ma immediata riconversione per legge dei terreni identificati quale discarica in terreni a colture “no food”, destinati ad uso non agroalimentare umano, compreso una fascia di precauzione costituita dai terreni serviti dai pozzi inquinati, per un periodo di tempo utile e comunque non inferiore a qualche decina di anni, in assenza di adeguate bonifiche con rimozione dei tossici;

  2. Immediata regolamentazione, tramite microchip, della tracciabilità dei rifiuti industriali e tossici prodotti e circolanti in Italia: sono circa dieci milioni di tonnellate l’anno. Come il governo italiano ha disposto la microchippatura individuale delle bufale campane, meritoriamente, adesso con urgenza deve procedere alla microchippatura dei fusti di rifiuti tossici e soprattutto dei tir di trasporto di tali fusti che quelle bufale rischiano di avvelenare da oltre venti anni!

  3. Egualmente, emanare idonei decreti legge per la microchippatura a garanzia del marchio e della qualità del “made in Italy”, nel settore tessile, conciario e pelletterie, procedendo per tutte le aziende “made in Italy” campane, ma anche e soprattutto cinesi, (un terzo della popolazione residente e produttiva in comuni di Terra dei Fuochi come Terzigno sono di etnia cinese), alla completa identificazione delle attività produttive e alla conseguente microchippatura della produzione, sia a garanzia di qualità, che di tracciabilità fiscale.

  4. La spinta tecnologica alla tracciabilità tramite microchip può tranquillamente essere inserita nel piano di innovazione tecnologica dello Stato Italiano, condivisa dalla Ue, e quindi chiedere idonei e determinanti interventi di incentivazione e/o tolleranza in termini di equilibrio economico finanziario italiano: servirebbe a tale scopo uno specifico “piano Marshall”, con incentivi forti per la economia meridionale, abbassando con decisione le tasse sul lavoro e sulle imprese che investono per produrre con tecnologie ad elevata tracciabilità.

  5. Gli impianti che mancano in Campania, non sono quelli per rifiuti urbani, ma quelli per i rifiuti speciali e industriali, specie amianto e rifiuti ospedalieri, con questi ultimi alla base delle continue preoccupazioni di smaltimento illecito di rifiuti radioattivi. Quindi, priorità assoluta e avvio immediato della impiantistica finale per amianto e rifiuti ospedalieri, a livello zero in Campania, iniziando dalle province interne a rischio come Avellino (vedi Isochimica). Per i rifiuti urbani, priorità unica ed assoluta sono solo gli impianti per il compostaggio, superando il vincolo della provincializzazione, con accordi specifici anche con le zone interne, cui vanno però garantiti rifiuti umidi di assoluta qualità e provenienza. Tutti gli otto inceneritori attualmente operanti in Toscana producono infatti un incenerito/anno in totale di 365mila tonn/anno, laddove la sola mastodontica Acerra ne brucia oltre 670mila tonn/anno, cioè quasi il doppio degli 8 inceneritori toscani! Un altro maxi-inceneritore da 500mila tonn/anno, oltre ad essere inutile, avrebbe il solo vero scopo di assicurare altre truffe coi CIP6 a vantaggio dei soli gestori e continuerebbe a costituire un anomalo attrattore di rifiuti speciali prodotti in regime di evasione fiscale. Questi due soli maxi- impianti previsti, infatti, avrebbero infatti una potenza di incenerimento pari a ben 26 impianti di incenerimento toscani attuali! A tutti i cittadini della Campania risulta quindi ovvio che quello che non si può più tombare o bruciare nei roghi tossici, oggi deve essere incenerito “legalmente” per assicurare vantaggi economici con i CIP6 ai gestori e disponibilità di “spazi di incenerimento” per gli evasori!

Noi competenti tecnici “della munnezza”, consulenti di fiducia non solo dei leader come Padre Maurizio Patriciello, ma educatori di un intero popolo massacrato come quello campano, abbiamo dedicato gli ultimi dieci anni di vita a capire le vere cause e le vere risoluzioni della tragedia dei rifiuti tossici e industriali che ha colpito la nostra terra. Abbiamo le idee chiarissime sia sul danno sanitario indotto, che peggiorerà ancora nei prossimi anni se non si interviene con decisione adesso e subito, sia soprattutto sulla strumentalizzazione di questa tragedia al fine di indirizzare lo Stato italiano a finanziare impiantistica utile non già a risolvere il problema del popolo campano, ma quello dei bilanci di gestori “amici” dei governanti di turno.

“Rottamare” “Terra dei Fuochi” e “Terra dei Veleni” si può e si deve fare in tempi brevi e con interventi adatti. “Terra dei Fuochi” non è un problema di inciviltà o di camorra né di rifiuti urbani. E’ un problema di sistema industriale innanzitutto italiano, che vede la Campania da sempre ai vertici della evasione fiscale delle attività produttive: in passato con basso impatto ambientale e in Campania più folkloristico che incidente, anche come danno alla salute, rispetto al Nord del Paese, proprio per la enorme differenza di capacità produttiva industriale. Oggi, grazie alla globalizzazione, problema serissimo e internazionale: affrontare e risolvere Terra dei Fuochi non significa quindi affrontare e risolvere un problema locale. E’ la cartina al tornasole più efficace per stabilire se l’intera Italia vuole “cambiare verso” realmente o solo a chiacchiere.

A Matteo Renzi adesso, il nostro ennesimo appello. Noi abbiamo sempre fiducia e speranza, ma insieme alla salute, anche la pazienza si sta esaurendo.

Articolo Precedente

Rifiuti: ripensiamo l’idea di riciclo. La politica è anche questo

next
Articolo Successivo

Semestre europeo, le sfide verdi di Renzi

next