“Giornaliste e giornalisti, non schiavi”. “L’informazione libera non si svende”. “Il giornalismo non è un hobby”. “Nessun giornalista è libero con 20 euro a pezzo”.

I cartelli della manifestazione tenuta ieri mattina di fronte alla sede della Federazione Nazionale della Stampa italiana riportavano frasi che in qualunque democrazia suonerebbero scontate, ovvie. Quale informazione è possibile se un giornalista è pagato talmente poco da essere alla mercé di qualsiasi ricatto? E soprattutto, quale altra professionalità verrebbe retribuita così poco? Quale prestazione lavorativa fornirebbero un idraulico, un chirurgo o un meccanico in cambio di quella cifra?

In Italia, questi parametri di vera e propria “civiltà” sono purtroppo in discussione da molto tempo. E l’accordo raggiunto pochi giorni fa, già ribattezzato “iniquo compenso”, rischia di mettere in trappola definitivamente non solo una generazione di giornalisti ma l’intera professione, delineando quella che non a torto viene definita liquefazione del mestiere.

I più di cento precari e freelance giunti ieri da tutta Italia però fanno sul serio. In piazza e non solo. E la storia non finisce qui. In un comunicato stampa chiedono le dimissioni del segretario Fnsi Franco Siddi e di tutta la Giunta esecutiva del sindacato. Tessere alla mano, molti di loro hanno fatto irruzione nella sede del sindacato che avrebbe dovuto rappresentarli in sede di trattativa con la Fieg. La legittima richiesta di spiegazioni ha sortito risposte (non solo verbali, peraltro) che poco o nulla hanno a che fare col rapporto tra sindacalista e iscritto.

Nelle tante fasi salienti della mattinata riassunte in questo video, c’è nelle parole del segretario Fnsi Siddi, un passaggio che solleva domande e allo stesso tempo fornisce anche qualche spiegazione al suicidio del sindacato e, di riflesso, della categoria che rappresentava: “questi sono i rapporti di forza”. Nella resa di Siddi ai “rapporti di forza” c’è, probabilmente, l’ammissione di aver ceduto al ricatto dei principali editori di questo Paese: i cui bilanci, riporta l’osservatorio DataMediaHub, sono in caduta libera da tempo. E’ dunque a dir poco plausibile ritenere che la Fnsi abbia deciso di cedere su tutta la linea sul tariffario dell’equo compenso, abbandonare al proprio destino, come se non la riguardassero, migliaia di freelance e tutto il loro valore aggiunto all’informazione di questo Paese, e “portare a casa” i fondi sulle nuove assunzioni, in cui il praticantato giornalistico, strumento comodo e redditizio per tanti editori, passa da 18 a 36 mesi. Si tratta peraltro di fondi che il governo vuole concentrare sugli aspiranti giornalisti che hanno meno di 29 anni, nella logica insistita, grottesca, per cui chiunque abbia più di trent’anni è considerato “generazione perduta”.

Forse, tuttavia, non è detta l’ultima parola. Anche perché precari e freelance non sono i soli a contestare l’accordo scellerato che sancisce che un articolo su un quotidiano nazionale possa essere retribuito 20 euro. Alla notizia della richiesta di dimissioni di Siddi, si affianca infatti quella del ricorso al Tar, votato ieri a maggioranza dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti: su proposta del presidente Enzo Iacopino, l’accordo sull’equo compenso verrà impugnato di fronte alla giustizia amministrativa.

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