“Non si giudica un libro dalla copertina”. E’ la frase preferita (al momento) da mia figlia.

Non so chi gliel’abbia insegnata o dove l’abbia sentita. L’applica e la declina con molto giudizio. Soprattutto la utilizza per redarguirmi quando esprimo dei giudizi dettati dalle convinzioni (quasi tutte sbagliate) che l’età e la vita mi hanno inculcato. “Non andiamo a vedere questo film. Sarà orribile”. “Visto papà? Ti sei divertito molto. Non si giudica un libro dalla copertina”.

Mi ha rincuorato leggere del cordoglio e del dispiacere pressoché unanime che la morte di Giorgio Faletti ha suscitato.

L’avevo incontrato qualche volta per motivi professionali e si era dimostrato esattamente quello che ti aspettavi. Una persona colta, riservata, gentile. Estremamente cordiale.
E, atteggiamento forse desueto, elegante. Era, anche se la parola lo infastidiva, un artista. Ed un grande scrittore.

 Mi sono allora ricordato una discussione a tavola tra un editor e altre persone, gente che si potrebbe definire genericamente “del mondo dello spettacolo”.

“Faletti sta scrivendo un libro”.
“Ma dai!”.
“E’ un libro comico!”.
“Ma che! E’ un giallo!”
“Un giallo?!”
“Ci mancava il libro di Vito Catozzo”.
“Venderà tre copie”.

Non è andata esattamente così. Come non andò così a Sanremo, dove Faletti presentò la canzone senza alcun dubbio migliore del Festival. Anche in quel caso in molti lo stroncarono.
Alcuni di quelli che ora lo piangono nelle pagine degli spettacoli.

Era come se non gli si potesse perdonare il fatto che gli riuscissero, e bene, così tante cose senza apparente fatica. 

“Non si giudica un libro dalla copertina”. Bisogna che me lo ricordi in ogni occasione.
Senza aspettare che l’autore del libro sia morto.

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P.S: mi scuso con tutti voi per la latitanza. Purtroppo – per motivi personali e professionali – non sono riuscito a rispettare l’impegno settimanale.
Spero di poter essere più puntuale in futuro. Vi auguro un’estate serena.

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