Ho bisogno di soci. Ho un’idea ma non ho il capitale. L’idea è semplice ma non voglio dare i dettagli. Devo difendere la proprietà intellettuale. Di questa idea sono debitore a Gianfranco Fini che ritorna alla politica.

Non sarà un partito, ma qualcosa di simile, qualcosa di “prepolitico” (in questo caso sarebbe più appropriato parlare di “post politico”). Lo ammette lui stesso: dopo tanti anni di politica militante non sa rassegnarsi a far altro. Non sa stare con le mani (o con un libro) in mano.

Per lui, come per altri, la politica militante è diventata una droga irresistibile, una assuefazione, una priorità esistenziale.

Di Paolo Emilio Taviani personaggio storico della Prima Repubblica, padrone democristiano della Liguria si diceva che non poteva vivere senza la politica. La politica era il suo primo e vero amore, la famiglia (in cui credeva da buon democristiano) era il suo unico adulterio.

E così anche per Fini la stagione delle riunioni negli alberghi, degli incontri con la gente (e con i colonnelli), della strette di mano non è finita. Riprenderà per lui con l’autunno. Forse si terrà lontano saggiamente da altre competizioni elettorali ma la girandola delle interviste, delle comparizioni sempre più rare a “Porta a Porta”, delle dichiarazioni sempre più ai margini della cronaca politica riempiranno ancora le sue giornate.

Intendiamoci la nostra invettiva non è indirizzata né a Fini né alla politica come tale, alla politica come modo di vivere, diciamo la verità, anche con molti disagi. Pasti consumati fuori orario, nottate passate in viaggio, affetti alimentati sulle onde del telefonino e degli sms. 

Ci sono dei casi inspiegabili. Io non credo che i politici militanti non sappiano fare altro. Talvolta sarebbero dei buoni avvocati, o medici, o geometri, o conferenzieri (come gli ex presidenti americani che girano il mondo in questa veste). Qualcuno polemicamente addita come campo di impiego fruttifero la agricoltura.

Ma anche l’agricoltura richiede professionalità. Perché non possono fare a meno di una vita tutto sommato grama che dispensa più delusioni che riconoscimenti ? Per me rimane un piccolo mistero.

Il gusto dell’esercizio del potere? Il potere di fare cosa? Quanti sono coloro che hanno veramente il potere di “fare”, di realizzare dei programmi, di amministrare? Ricordo il caso di un politico (sempre della Prima Repubblica) che dopo aver ricoperto tutte le cariche di partito e di governo immaginabili e messo da parte dagli eventi si era riciclato accontentandosi di posizioni gregarie. Perché lo faceva? Non poteva stare lontano dalla politica. Un amico comune che lo conosceva bene mi diede una risposta convincente. Se tu conoscessi la moglie non ti faresti questa domanda, mi disse.

Si, si vive di politica anche perché si sfugge qualcosa. C’è molto di patologico in questa fuga che si può curare e da cui si può guarire.

Veniamo alla mia idea. Io penso come si dice oggi ad un percorso di disintossicazione. Prometto che questo percorso (accettato liberamente) aiuterà le persone a recuperare un equilibrio spirituale entro il quale la politica avrà un suo posto. Non disgusto della politica come gli ex fumatori disgustano il fumo ma la sua giusta rivalutazione.

Abbiamo bisogno dei “Muccioli” che ci salvino dalla droga della politica per restituirci il piacere della vita e dello scontro delle idee.
Aspetto solo dei soci danarosi da imbarcarsi in questa impresa.

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