Sos processioni. È allarme tra i vescovi italiani dopo “l’inchino” della statua della Madonna delle Grazie al boss Giuseppe Mazzagatti. L’episodio, avvenuto durante la tradizionale processione del 2 luglio a Oppido Mamertina, proprio nella Calabria dove, il 21 giugno scorso, Papa Francesco ha “scomunicato i mafiosi” ha destato notevole preoccupazione in particolare nei presuli del Sud della Penisola alla vigilia delle numerose feste religiose in programma per quest’estate. L’ultimo vescovo a prendere seri provvedimenti e a emanare un vero e proprio regolamento per le processioni è stato l’arcivescovo di Salerno, monsignor Luigi Moretti. Abolite d’un colpo tutte le tradizionali soste della processione del patrono della città campana, San Matteo. Nessun “inchino” perché, spiega il presule, “è la gente che deve inchinarsi ai santi e non viceversa” e sarebbe anche una buona norma “sostituire gli applausi con le preghiere”.  

Un vero e proprio regolamento per lo svolgimento delle feste religiose a carattere popolare esiste ed è stato emanato un anno fa, nel maggio 2013, dalla Conferenza episcopale campana. Unico nel suo genere potrebbe essere adottato anche dalle altre conferenze regionali dei vescovi in particolare in Calabria. I presuli campani non nascondono la loro preoccupazione per “il rischio di un’ingerenza malavitosa che può avvenire nelle manifestazioni pubbliche (processioni e feste), che con fermezza la Chiesa condanna e respinge”. I vescovi, inoltre, precisano che il soggetto principale dell’organizzazione delle feste popolari deve essere il consiglio pastorale parrocchiale e che il comitato della festa deve essere espressione di questo organismo “collaborando con le istituzioni civili circa i rischi di infiltrazione malavitosa”. Affinché i valori di queste manifestazioni non vadano dispersi col tempo “occorre un lungo lavoro di evangelizzazione e di purificazione. Tale lavoro – scrivono i presuli – deve essere accompagnato da norme precise, la cui applicazione può comportare anche il coraggio della impopolarità”. 

Per i membri della Conferenza episcopale campana, le feste popolari devono essere sempre autorizzate dal vescovo, preparate dal consiglio pastorale parrocchiale che può avvalersi di un comitato esterno sempre presieduto dal parroco e costituito da “persone che si distinguono per impegno ecclesiale e onestà di vita”. Il comitato non deve essere permanente, come accade nella maggioranza dei casi, ma restare in carica soltanto per la durata della celebrazione. Il programma deve essere sempre approvato dalla curia diocesana almeno un mese prima e gli organizzatori “devono impegnarsi a rispettare le norme vigenti, sia canoniche che civili, anche negli aspetti fiscali redigendo entro un mese dall’evento il bilancio consuntivo della festa”. “Il momento ludico-esterno – chiariscono ancora i presuli campani – è un elemento importante della festa e non va staccato dal momento religioso, ma non è concepibile che la festa religiosa si riduca a manifestazione paganeggiante, soprattutto con sperpero di denaro. L’equilibrio dei due poli della festa, quello celebrativo e quello ludico, è frutto di sapiente dosaggio”. 

Nel regolamento si specifica, inoltre, che le confraternite da sole non possono organizzare feste, né possono costituirsi autonomamente in un comitato senza l’autorizzazione del parroco. Sono rigorosamente vietati “spettacoli leggeri o di altro tipo, che non diano garanzia nei contenuti, nel linguaggio, nell’abbigliamento, nell’organizzazione per rispetto del decoro e della dignità che una festa religiosa richiede”. Inoltre, non è consentito lasciare la processione, espressione pubblica di fede, “in balia dello spontaneismo, bensì occorre curarla e guidarla. Il corteo, guidato dal sacerdote o da un diacono, sia organizzato in modo da favorire il raccoglimento e la preghiera. Non è lecito attaccare denari alla statua che peraltro non può essere messa all’asta e trasportata dai migliori offerenti. Non è consentito ugualmente raccogliere offerte e fermare la processione mentre si sparano fuochi artificiali. I comitati non possono in nessun modo interferire nella processione. Secondo itinerari concordati con il consiglio pastorale parrocchiale, le processioni seguano le vie principali e siano di breve durata, contenute possibilmente nello spazio di due ore. Parte delle offerte raccolte in occasione della festa sia riservata a gesti di carità e a rendere più belle le nostre chiese”. Infine, i vescovi campani proibiscono i cortei diretti ai santuari che ostentano stendardi religiosi coperti di denaro o che trasportano, danzando, trofei votivi, così come sono vietate anche “le manifestazioni di isterismo che profanano il luogo sacro e impediscono la devota e decorosa celebrazione della liturgia. I punti vendita di ricordi non siano sistemati all’interno dell’aula liturgica e non abbiano l’apparenza di un mercato”.

Twitter: @FrancescoGrana

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