Il secondo intervento della guida alle regole europee in materia di bilancio si concentra sull’Obiettivo di medio termine. Si calcola attraverso una formula complessa e ben poco intuiva. Per uscire dal vicolo cieco, l’Europa ha bisogno invece di semplificare e rendere trasparenti i suoi parametri.
di Andrea BoitaniLucio Landi (Fonte: Lavoce.info)

Come funziona l’Mto

Dal 2005, con la prima riforma del Patto di stabilità e crescita, la pietra angolare della disciplina di bilancio in sede europea, fondata sui saldi strutturali come si è detto nel precedente articolo, è l’obiettivo di medio termine (Medium Term Objective), che ciascun Stato membro deve adottare e rispettare. Purtroppo, per cercare di spiegare di cosa si tratti, in concreto, dovremo sottoporre il lettore a una dura prova di pazienza. Ma crediamo che avere un’idea di quali siano le regole che ci governano valga qualche sforzo. L’Mto è lo strumento ideato per “facilitare” il rispetto dei vincoli di Maastricht sulla finanza pubblica. È stato cioè introdotto nell’armamentario delle regole europee perché fornisce, o dovrebbe fornire, un margine di sicurezza per soddisfare il rispetto del parametro sul deficit nominale del Psc (3 per cento del Pil). Se rispettato, assicura la sostenibilità delle finanze pubblica (o un rapido progresso verso la sostenibilità), consentendo al contempo margini di manovra alla politica di bilancio (in funzione di stabilizzazione). Ed è country specific, ossia differisce da paese a paese, perché le condizioni strutturali e della finanza pubblica degli Stati non sono uniformi, e dipende dalle condizioni cicliche normali (ossia dalla dimensione normale del ciclo economico in ciascun paese), dal livello del rapporto debito/Pil e dai costi derivanti dall’invecchiamento della popolazione (che impattano essenzialmente sulle pensioni, sulla sanità e sull’assistenza di lungo termine). Un paese che ha costi di ageing elevati o un alto stock di debito rispetto al Pil, verosimilmente dovrà avere come obiettivo di medio termine un saldo netto strutturale nullo (o addirittura un accreditamento strutturale) al fine di rispettare i parametri di Maastricht.

I regolamenti europei prevedono che gli Stati membri debbano conseguire un saldo di bilancio strutturale corrispondente all’Mto nazionale, oppure un saldo in rapida convergenza verso di esso (con una correzione annuale del saldo strutturale pari almeno a 0,5 punti percentuali di Pil come benchmark). Per tutti i paesi che non l’hanno raggiunto, è richiesto un più elevato aggiustamento nelle fasi positive del ciclo economico, così da avere maggiore flessibilità in quelle negative. Per i paesi lontani dal raggiungimento dell’obiettivo di medio periodo, i regolamenti europei richiedono manovre correttive anche nelle fasi negative del ciclo, benché con uno sforzo più limitato rispetto al benchmark dello 0,5 per cento. Chiaramente, si tratta di manovre pro-cicliche, assai poco raccomandabili alla luce della nuova evidenza empirica sulla grandezza dei moltiplicatori fiscali in presenza di tassi di interesse nominali vicini allo zero. Con la seconda riforma del Patto di stabilità e crescita nel 2011, è stato poi inserito un ulteriore requisito per gli Stati membri che non hanno raggiunto l’Mto e che presentino un livello di debito che ecceda il 60 per cento del Pil: dovrebbero assicurare una velocità di convergenza maggiore verso il proprio Mto (maggiore dello 0,5 per cento del Pil come benchmark nella fasi positive del ciclo).

L’intera costruzione dell’Mto si fonda su scelte eminentemente politiche (e quindi discrezionali), oltre che su molte e complesse assunzioni e ipotesi. Per esempio, è una scelta politica quella di coprire oggi una frazione α del valore attuale dell’incremento futuro dei costi di ageing, sulla base di scenari a 50 anni. La stima dei costi futuri legati all’invecchiamento, inoltre, è basata su complessi scenari demografici elaborati ogni tre anni dalla Commissione per ciascun paese membro. Tali scenari sono legati a molteplici ipotesi riguardanti il tasso di partecipazione al mercato del lavoro, la stima del prodotto potenziale e altro. Ancora, la stima della ampiezza normale del ciclo, effettuata dal Commissione, richiede (come ricordato in un precedente articolo) l’uso di complesse tecniche econometriche. Ogni governo deve adottare e annunciare un proprio Mto “ufficiale”, che non può essere meno ambizioso dell’Mto minimo indicato dalla Commissione. Ogni tre anni, la Commissione ricalcola per ciascun paese l’Mto minimo, preferibilmente dopo la pubblicazione del nuovo Ageing Report. Il suo valore può essere rivisto anche in caso di riforme strutturali effettivamente realizzate (non semplicemente annunciate) che abbiano un impatto rilevante sulla finanza pubblica, segnatamente le riforme pensionistiche. Il Consiglio dell’Unione, d’altro canto, può invitare lo Stato membro a riconsiderare il proprio Mto, se ritiene che debba essere rinforzato.

Braccio preventivo e braccio correttivo

Il braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, riformulato nel 2011, ruota attorno al conseguimento dell’Mto e prevede sanzioni nel caso in cui, a seguito di una deviazione significativa dall’Mto, o dal percorso di aggiustamento verso il suo raggiungimento, lo Stato membro non adotti interventi correttivi. All’avvertimento della Commissione circa l’esistenza di una deviazione, seguono una serie di passaggi, parte di una procedura particolarmente complessa, con regole di voto diverse (ben tre tipi di maggioranze di voto) a seconda delle fasi, e che può portare all’irrogazione di sanzioni nella forma di un deposito fruttifero, pari allo 0,5 per cento del Pil.
Tutte queste complesse procedure (vedi figura 1), si collocano in una fase antecedente all’eventuale sforamento del limite nominale del 3 per cento, posto dal Trattato di Maastricht e sanzionato con una procedura di deficit eccessivo (braccio correttivo del Patto). In altre parole, gli Stati membri, dopo la riforma del 2011, possono essere sanzionati anche se il saldo nominale non ha superato il 3 per cento. Si tratta di un cambiamento di prospettiva notevole, che non sembra essere stato pienamente colto dall’opinione pubblica.

Ma poiché i saldi strutturali, e lo stesso Mto, sono costruiti con modalità complesse, poco intuitive e “mobili” nel tempo, la “nuova” regola risulta essere di più difficile comprensione rispetto alla regola rigida, stupida quanto si vuole, ma relativamente “semplice” del 3 per cento sul saldo nominale di bilancio. Prima che il braccio preventivo e il braccio correttivo spingano in un cul de sac l’Eurozona e l’intera costruzione europea, sarebbe bene procedere a una drastica semplificazione delle regole, come peraltro auspicato recentemente dal Fondo monetario, e a una piena trasparenza per l’opinione pubblica di tutti i parametri cruciali su cui si basa il castello delle regole, oltre che a eliminare, en passant, il grado di pro-ciclicità ancora incluso nelle regole stesse. Forse, l’Europa è avvertita come “matrigna” più per l’incomprensibile complicazione delle sue regole che per il fatto di essere crudele.

Figura 1 – La procedura, nell’ambito del braccio preventivo, in caso di deviazione significativa dall’Mto

 

Leggi l’articolo precedente: Patto di stabilità e regole europee: la lunga strada per uscire dalla stupidità

 

Bio degli autori

Andrea Boitani – Ha ottenuto l’M.Phil. alla Università di Cambridge, dove ha anche svolto attività di insegnamento. Attualmente, insegna Economia politica all’Università Cattolica di Milano ed Economia della regolazione al Master in Economia pubblica e al Dottorato in Economia e finanza delle amministrazioni pubbliche, presso la stessa università. Ha fatto parte della Commissione Tecnica per la spesa pubblica presso il Ministero del Tesoro dal 1993 fino al suo scioglimento, nel 2003. E’ stato consigliere economico del Ministro dei Trasporti e componente delle commissioni incaricate di predisporre il Piano Generale dei Trasporti (1999-2001) e il Piano Nazionale della Logistica (2004-2005). E’ autore di varie pubblicazioni nei campi della Macroeconomia e dell’economia della regolazione e dei trasporti. Redattore de lavoce.info.

Lucio Landi – Laureato presso l’Università Cattolica di Milano, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in economia politica presso l’Università di Pavia. Ha lavorato presso il Ministero dell’Economia, il Fondo Monetario Internazionale e il Servizio Bilancio del Senato della Repubblica. Attualmente è membro del Consiglio degli Esperti del Tesoro e tiene lezioni e corsi presso varie istituzioni e università. Si occupa di questioni internazionali, europee in particolare, di finanza pubblica e di spending review. 

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