“Se il Veneto ottiene l’indipendenza, allora potrei anche pensare di ritornare in Italia. Per adesso non ci penso proprio”. Massimo Manzoni, 58 anni, di Venezia, è un ex gondoliere e da quattro anni vive a El Jadida, in Marocco, città sull’Oceano Atlantico, a cento chilometri a sud di Casablanca. Qui gestisce un bed and breakfast. “Mi ero rotto di lavorare per mantenere la casta. Non posso concepire che un deputato guadagni oltre 16 mila euro e non si presenti in Aula, e intanto un pensionato sia tassato dallo Stato”. Persa ogni speranza di riscatto nel suo Paese, prima di raggiungere l’età della pensione Massimo decide di darsi una seconda chance all’estero. “Il gondoliere è un lavoro bellissimo, l’ho fatto per 35 anni, mi manca un po’, non posso mica negarlo. Ma Venezia non è più quella di una volta”. Ecco la sua storia.

Il proprietario della casa di 80 metri quadri dove Massimo è in affitto da una vita lo sfratta. “Ha preferito dare l’appartamento a degli studenti per 1200 euro al mese; io ne pagavo 700. Un brutto colpo”. Da questo momento la sua strada diventa in salita. Si trasferisce a Mira, una ventina di chilometri fuori dalla laguna, in una villetta con giardino che gli costa 500 euro d’affitto mensili, e ogni giorno va avanti e indietro con la moto per continuare a fare il suo lavoro. “Non potevo spostarmi con l’auto. A Venezia un posto macchina nel garage comunale costa 300 euro al mese. Non potevo neanche contare sull’autobus, visto che c’era solo quello per l’andata e non per il ritorno”.

Massimo fa il gondoliere a tempo pieno: dalle alle 14 ore al giorno. Non si lamenta di quello che guadagna, poco più di duemila euro al mese: “Per una corsa in gondola di 40 minuti per cinque persone chiedevo 80 euro”. Poi la sfortuna: si rompe un braccio lavorando e dopo una gamba cadendo dal motorino. Massimo ha la carriera bruciata. Ma è pieno di energia e non vuole rimanere senza fare niente. “Mia moglie era già morta. Nei nostri sogni c’era l’idea di andare a vivere in Marocco, un posto non troppo lontano, al sole tutto l’anno, con le tasse basse”.

Lui lo ha realizzato anche per lei. Si è comprato un appartamento di 60 metri quadri all’interno di una fortezza del Seicento e ha preso in gestione il bed and breakfast Dar el Jadida: quattro camere, da 35 a 55 euro a notte, quasi sempre piene. “In quattro anni ho fatto cinque volte il fatturato del vecchio proprietario”. Massimo ogni mese si mette in tasca 1500 euro, “il triplo di quello che prende un impiegato di banca, tanto per capirci”. E spiega i vantaggi. “Innanzitutto chi apre un’attività per i primi cinque anni è esonerato dal pagamento delle tasse, che comunque restano del 20 per cento una volta scaduto questo periodo”. Seconda cosa positiva: il costo della vita molto basso. “Trenta euro al mese per le bollette, un euro e cinquanta centesimi per un pasto fuori (un petto di pollo con insalata, per esempio), 40 centesimi per un chilo di sardine, cinque euro per un branzino. Questi sì che sono prezzi ragionevoli, altrimenti la gente diventa cannibale”, dice Massimo.

Senza tacere il fatto che per restare in Marocco “ci vuole spirito di adattamento”. Fa qualche esempio. “Nelle città più piccole, come El Jadida, sembra di ritornare indietro di 50 anni: l’idraulico o il muratore non hanno le stesse tecniche di quelli italiani, fanno tutto a occhio, senza usare la bolla. Le impalcature sono abbastanza fatiscenti e l’intonaco viene fatto a mano in modo da impiegare più operai. Negli uffici pubblici non ci sono i computer, scrivono tutto a mano, sempre per dare lavoro a più gente”. Lui si è integrato benissimo. “Anche se sono poveri, c’è molta solidarietà. Ho subito un piccolo intervento all’ospedale e per tre giorni sono dovuto rimanere steso sul divano, non potevo neanche sedermi. I vicini di casa si sono presi cura di me senza che io chiedessi nulla: c’era chi mi portava dei soldi, chi mezzo litro di latte, un dolce, dei biscotti. Era impossibile rifiutare sennò si offendevano”.

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